Ouagadougou si sveglia confusa. Nella notte l’annuncio di un accordo tra i militari golpisti (il generale Dienderé alla testa della “sua” Rsp, la guardia presidenziale) e quelli dell’esercito che dal resto del paese sono accorsi nella capitale per ristabilire la transizione che doveva condurre il Burkina Faso alle prime elezione democratiche dopo 30 anni di dittatura, ha percorso il paese. Nelle reti sociali prima e nelle strade poi ci si interroga su questo accordo in 5 punti; che prevede il ritorno del presidente della transizione Kafando, l’accontonamento dei golpisti nella loro caserma e lo stazionamento degli altri militari a 50 Km dalla capitale.

Una soluzione che non soddisfa il popolo burkinabé e i movimenti della società civile protagonisti della rivoluzione del 2014 che portò alla caduta del dittatore Compaoré, e che già avevano rifiutato una previa soluzione mediata della Cedeao (Comunità Economica dell’Africa dell’Ovest),  benevola con i golpisti, e che al contempo avevano salutato con speranza il movimento delle truppe fedeli allo stato verso la capitale. La loro entrata e la conseguente ritirata dell’Rsp nell’area del palazzo presidenziale, era stata vissuta come una liberazione dopo 5 giorni di coprifuoco. Alle 19, l’ora fissata dai golpisti per rinchiudersi in casa loro, la gente si raggruppava timida nelle strade, in piccoli gruppi davanti agli usci delle case. Poi l’assenza delle pattuglie dell’Rsp o il loro passaggio impotente nelle strade, salutato da fischi e lancio di pietre da parte dei giovani che avevano passato i giorni precedenti sulle barricate e si erano visti sparare addosso a più riprese, ha scatenato l’euforia.

La gente si decide a riprendersi le strade e non sono rari i boulevard che si trasformano in pista da ballo, i locali tipici di Ouaga, per mangiare e bere qualcosa seduti al fresco della notte, riaprono progressivamente e l’allegria invade la città. All’incrocio tra il boulevard Charles de Gaulle e la zona dove risiedono alcuni leader del Cpm, il partito creato dal dittatore in esilio e che ha appoggiato il colpo di stato, si riavvivano le fiamme delle barricate, mentre un gruppo di giovani si sfidano a colpi di rap e break dance, con soggetto l’attualità del paese, e le rime sono impietose per gli uomini che hanno sfidato la transizione. Uno degli artisti di strada, spiega che per i golpisti é finita, meglio arrendersi ora che aspettare di essere disarmati dai militari che stanno entrando in città. Intanto una donna monta in strada un improvvisato posto di vendita di bigné di mais e presto intorno a lei si organizzano giovani con sigarette e caramelle, poi arriva il pane caldo e sembra di essere a una scampagnata in pieno centro città. Le gente ritrova il sorriso e il controllo delle strade.

Alcuni isolati più in là si erigono barricate all’accesso del quartiere dove si sono asserragliati i golpisti, gli pneumatici in fiamme ritornano a rischiarare la notte e bande di giovani armati di bastoni controllano i veicoli che transitano per verificare che non contengano militari dell’Rsp in fuga. Un autobus in transito dal Niger appare all’orizzonte e la tensione esplode quando l’autista, ignaro della situazione, cerca di evadere il blocco. Ma i leader dei movimenti cittadini del 2014 presenti riportano la calma. L’autobus dovrà aspettare l’alba per muoversi.

Uno di questi leader, dal nome di battaglia filosofico, Platone, spiega che questo colpo di stato ha rinforzato il popolo, perché ha fatto uscire allo scoperto le forze che si erano integrate al processo democratico ma restavano fedeli alla dittatura. La folla acclama e urla che si farà giustizia, che il golpista Dienderé é votato alla prigione e che il suo corpo d’élite sarà finalmente sciolto… Qualcuno evoca Thomas Sankarà, il leader panafricanista assassinato nel 1987 da una congiura che vide protagonisti Compaoré e Dienderé, altri invocano l’esecuzione pubblica dei golpisti. Ma la sensazione é che i leader dei movimenti rivoluzionari del 2014, come il Balai Citoyen, controllano la piazza e i suoi militanti. E assicurano che non ci saranno spargimenti di sangue se i golpisti consegneranno le armi.

La notte passa placida, tra i racconti dei reduci degli scontri dei giorni precedenti, qualcuno mostra le ferite dovute ai colpi dei militari, altri evocano sventagliate di mitraglietta che hanno sibilato vicino alle orecchie, altri ancora, più tragicamente, ricordano le corse frenetiche agli ospedali, portando amici feriti. Si mangia al fresco mentre in lontananza le luci di alcuni blindati rivelano movimenti di truppe.

La mattina dopo si diffonde la notizia di un attacco imminente alla caserma dei golpisti, la popolazione vive attaccata alle radio onnipresenti che creano una cacofonia nelle strade vuote. Poi il comunicato dello stato maggiore che assicura alla popolazione una soluzione positiva del conflitto, anche se negoziata per evitare ulteriori violenze. Intanto i rappresentanti della Cedeao atterrano a Ouagadougou per riprendere a negoziare. E in serata circola il testo dell’accordo tra i militari, che lascia la maggioranza delusa e una minoranza pragmatica rassegnata, ma rassicurata rispetto all’eventualità di una guerra civile. L’accordo spinge inoltre i movimenti della società civile a cercare una nuova strategia, che consenta di riprendere il processo democratico senza l’obbligo di integrare i resti del colpo di stato nella politica nazionale futura. «Questo succede quando si lasciano negoziare i militari tra di loro», commentano le opposizioni… Ma questa soluzione non sembra essere, ancora una volta, quella definitiva.