Da giorni le strade delle più importanti città ucraine sono bloccate da imponenti manifestazioni di popolo contrarie alla linea di governo filo-russa del presidente Viktor Janukovic. Protagonista, accanto anche a forze progressiste, delle manifestazioni, anche il partito di estrema destra Svoboda. Nato dopo l’immediata caduta della cortina di ferro fino al 2003 aveva come denominazione quella di Partito nazional-socialista ucraino, nome che modificò in Unione pan-ucraina, comunemente Svoboda (termine che significa sia «libertà» sia identifica, in russo, le comunità rurali indipendenti definite, durante l’impero zarista, appunto «zone libere»). Svoboda, saldamente guidata dall’ex-pugile Oleh Tyahnybok, ha ottenuto alle elezioni politiche del 2012 il 10,44% dei consensi.

La formazione politica di oggi, pur non disconoscendo affatto le proprie radici naziste e la sua attività squadrista, è però figlia di una riorganizzazione totale avvenuta tra le sue fila nel 2004 con l’avvento del neosegretario Tyahnybok, un radicale rinnovamento d’immagine.

Questo deciso e repentino restyling di facciata fu decisamente azzeccato e ha fatto fare un salto di qualità notevole all’organizzazione, che ha saputo approfittare delle fasi più convulse della recente storia ucraina: durante la cosiddetta Rivoluzione Arancione nel 2004 Svoboda si schierò senza mezzi termini contro il movimento arancione e offrì un sostegno, molto discreto, proprio al Partito delle Regioni dell’allora volto nuovo Janukovich, ricevendo in cambio copertura mediatica e agibilità politica.

Dal 2004 l’attività di Svoboda si è concentrata su campagne su temi sociali con parole d’ordine violentemente razziste e antisemite, come la richiesta della cancellazione del diritto d’asilo,della possibilità di avere una doppia cittadinanza e di aver accesso a qualsiasi forma di welfare per i non ucraini. Campagne e temi che fruttarono a Svoboda un nuovo aumento dei consensi nel 2007.

Ma qual è il progetto politico di Svoboda? Oltre alle classiche proposte di una una forza di estrema destra e nazionalista, vi è la cancellazione dell’Iva, il ritorno della Crimea sotto piena potestà nazionale, la tassazione di tutto il petrolio e il gas di origine russa diretto in Europa e l’ingresso nella Nato, per uscire definitivamente dall’orbita russa. Questo è il vero scontro tra il governo Janukovich e Svoboda, che un tempo, se non alleati, di certo non erano nemici dichiarati. L’«europeismo» e il «filo atlantismo» di Svoboda hanno attirato critiche da altri gruppi neofascisti europei (soprattutto a est) e l’accusa sulla stampa ucraina di essere una forza al servizio di chi vuole destabilizzare il paese in chiave anti Putin.

Nelle strade invece la geopolitica lascia spazio alle spedizioni punitive, definite «strategia d’azione nazionale», contro militanti antifascisti, migranti e soggetti definiti hitlerianamente «asociali» e «devianti».Secondo il Center for Society Reserch di Kiev, un organismo indipendente che si occupa di analizzare i movimenti sociali in Ucraina, la strategia di Svoboda è chiara: «Organizzare e inserirsi in ogni tipo di manifestazioni di malcontento», contribuendo a creare occasioni di scontro con la polizia e tentando con intimidazioni e aggressioni di estromettere dalle piazze formazioni politiche di opposto credo politico o poco compatibili con la sua visione del mondo. Così non sono mancati gli assalti alle sedi di gruppi studenteschi di sinistra, come Direct Action, il danneggiamento di monumenti del passato sovietico o le sedi del Partito comunista Ucraino.

Sicuramente la complessità del movimento di opposizione ucraino non è riconducibile o perimetrabile ai soli neonazisti di Svoboda, anche se la sovraesposizione mediatica delle situazione ha fatto sì che per molti commentatori, anche stranieri, il movimento di Tyanhnybok sia divenuto un semplice gruppo nazionalista che richiede, in modo un po’ muscolare, più democrazia interna; una legittimazione interna che permetterà all’estrema destra ucraina di presentarsi alle elezioni europee in modo riconoscibile e visibile sia dal punto di vista della proposta politica che delle credibilità istituzionale.