La Commissione europea ha preso atto “con rammarico” del risultato del referendum svizzero di domenica, dove una piccola maggioranza (50,34%) ha respinto l’”immigrazione di massa” contro la quale si è battuta, sola contro tutti, l’Udc, il partito populista principale forza del paese. Bruxelles esaminerà “le implicazioni di questa iniziativa sull’insieme delle sue relazioni” con la Svizzera, che praticamente con i “bilaterali” conclusi con la Ue dopo il rifiuto di aderire allo Spazio Economico Europeo nel ’92, ne aveva fatto sotto molti punti di vista il 29esimo paese dell’Unione europea. E’ difatti la prima volta che la Svizzera vota contro la libera circolazione, uno dei capisaldi del mercato interno europeo a cui la Confederazione ha aderito con gli accordi del ’99, entrati in vigore dal 2002, confermati dal referendum del 2005 che ha esteso questo diritto ai cittadini dei nuovi dieci membri della Ue dell’Europa dell’est e da quello del 2009 su bulgari e rumeni. Ma nel 2009, c’era già stato un segnale di chiusura, con il referendum contro i minareti e nel 2010 quello sul rinvio dei criminali stranieri nel loro paese di origine. Per Bruxelles, il voto di domenica implica la “ghigliottina”, cioè mettendo in causa un accordo – quello sulla libera circolazione – sono tutte le altre sei intese che diventano caduche: agricoltura, trasporto terrestre, trasporto aereo, ricerca, accesso ai mercati pubblici, abbattimento degli ostacoli al commercio. Per i paesi Ue c’è un problema ulteriore, perché potrebbe anche essere rimesso in questione l’accordo in discussione in questo periodo sugli scambi di informazioni fiscali, che avrebbe dovuto mettere fine di fatto al segreto bancario svizzero. Inoltre, per i paesi Ue il voto svizzero rischia di anticipare il risultato ostile all’Europa delle prossime elezioni europee.

Il portavoce di Angela Merkel ha sottolineato i “problemi considerevoli” che questo voto comporta nelle “strette relazioni che legano la Svizzera alla Ue” e che “portano dai due lati grandi vantaggi alla popolazione”. Per la Germania, che è il principale partner commerciale della Svizzera, la libera circolazione è “un grande valore”. Berlino afferma che le istituzioni europee trarranno “tutte le conseguenze politiche e giuridiche” da questa scelta. Il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, ha insistito sulla “ghigliottina”, che significa che “se uno degli elementi dell’accordo è messo in causa, nel caso specifico la libera circolazione, tutto decade”. Per Fabius, “è paradossale, poiché la Svizzera ha il 60% del commercio estero con la Ue e vive ampiamente sull’Unione europea”. Per il ministro degli interni francese, Manuel Valls, “preoccupato” dal voto, che è “una brutta notizia per gli stessi svizzeri”, il risultato del referendum è un segno di “ripiego su se stessi” che si tradurrà in “numerose difficoltà”, anche per la confusione che comporta, visto che non è stata abolita l’adesione a Schengen, che potrebbe pero’ venire anch’essa travolta. Le reazioni più vive vengono da Italia, Francia e Germania, i tre paesi che (con il Portogallo) hanno il maggior numero di immigrati e di lavoratori transfrontalieri in Svizzera e che dovranno far fronte alle complicazioni amministrative che comporterà il ritorno del vecchio sistema delle “quote” (un volta oltrepassata la “quota” di stranieri, le imprese svizzere sono obbligate ad assumere manodopera locale). Gli europei non sono pero’ riusciti ad avere una posizione unica neppure in questo caso. C’è stata la voce dissonante di David Cameron, che in patria vuole imporre restrizioni ai bulgari e ai rumeni e che interpreta il voto svizzero come un “rigetto” dell’Europa, che lui stesso auspica nel suo paese con la promessa di un referendum nel 2017 che potrebbe rimettere in causa l’adesione della Gran Bretagna alla Ue.

Paura di perdita d’identità, reazione di egoismo economico, timori di fronte all’esplosione dell’immigrazione (80mila persone l’anno in un paese di 8 milioni) che ha fatto seguito agli accordi con la Ue: in Svizzera gli immigrati sono il 23% della popolazione, attirati dalla prosperità economica della Confederazione, e contribuiscono grandemente allo sviluppo del paese. Ma a votare contro l’”immigrazione di massa” sono stati i cantoni rurali della Svizzera tedesca, oltre al Ticino, mentre contro si sono schierate le città, compreso il cantone di Zurigo e la Svizzera francese, con punte che hanno superato il 55% nella zona di confine con la Francia (Losanna, Ginevra, Neuchâtel, il Jura). In altri termini, hanno votato per limitare la libera circolazione i cantoni che hanno meno immigrati, a conferma del lato ideologico di questa posizione, mentre hanno votato contro le zone che più dipendono dalla manodopera straniera. L’Udc è riuscito pero’ a fare confusione, tra i lavoratori immigrati europei, in grande maggioranza qualificati, e la piccola delinquenza che è aumentata con l’apertura all’est.