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Svenduta a una società immobiliare un’area nel Parco del Delta del Po

Fiume Po, foce di Bevano foto di Francesca SantarellaFiume Po, foce di Bevano – foto di Francesca Santarella

Ambiente Rischio speculazione, i vincoli non rassicurano gli ambientalisti. Ceduti per 10 centesimi a metro quadro 500 ettari di Ortazzo e Ortazzino

Pubblicato circa un anno faEdizione del 15 agosto 2023

Alla foce del Bevano, in Romagna, c’è una meravigliosa area protetta, tra dune costiere, pineta demaniale litoranea, Pineta di Classe e zone umide interne, chiamate Ortazzo ed Ortazzino. Una vastissima zona tra le più importanti d’Europa per biodiversità, specie acquatiche ed habitat, tra cui alcuni ormai rarissimi: due Riserve Naturali dello Stato, zone Ramsar, Rete Natura 2000 e Parco del Delta del Po.

Da alcuni giorni Italia Nostra ha scoperto che una parte rilevantissima di quest’area (circa 500 ettari) è stata svenduta ad una società immobiliare con sede a Lussemburgo, dopo il mancato esercizio del diritto di prelazione da parte degli enti pubblici (Stato, Comune, Regione, Parco del Delta del Po) con cui sarebbe stato sancito per sempre lo stop ad altro cemento e riconsegnato ai cittadini un patrimonio collettivo perduto con le scellerate sdemanializzazioni negli anni 50-60 che stravolsero la costa emiliano-romagnola.

«Non solo la subsidenza, l’erosione e l’innalzamento del livello del mare – spiega Francesca Santarella presidente di Italia Nostra Ravenna – non solo Angela Angelina che continua a estrarre metano dai giacimenti sottostanti, ma nel totale silenzio degli enti pubblici l’immensa zona cosiddetta “dell’Immobiliare” a Lido di Classe, di proprietà privata, è stata aggiudicata all’asta giudiziaria per una bazzecola, 500mila euro, 10 centesimi di euro a mq. Chi ha acquisito l’area è un’altra immobiliare, la Cpi Real Estate Italy S.p.A, della Cpi Property Group, il cui fondatore e socio di maggioranza risulterebbe essere il magnate ceco Radovan Vítek, con un portafoglio immobiliare di 9,8 miliardi di euro e un fatturato di 291 milioni».

L’Ente Parco afferma di essersi interessato all’acquisto dell’Ortazzo e dell’Ortazzino, «chiedendo mutui alla Cassa Depositi e Prestiti dello Stato ed anche a due banche, senza ottenerli – continua la nota stampa diffusa dal Parco del Delta del Po – Il Parco ha bussato a tutte le porte, chiedendo finanziamenti anche agli Enti locali, presentando dossier, ma ciò non ha sortito l’apertura di linee di credito».

Fatto sta che nulla è trapelato da parte di alcun ente prima che Italia Nostra portasse all’attenzione la vicenda.
I vincoli del piano territoriale del Parco e di Rete Natura 2000 non bastano a rassicurare gli attivisti visto che «una parte di circa 80 ettari della zona venduta è sottoposta ad un vincolo più blando – dichiara ancora Italia Nostra – Lo scandalo Ortazzo è appena incominciato».

Negli anni 70 questa zona fu sottratta, grazie alla battaglia del Wwf e all’intervento dell’allora Pretore Vincenzo Andreucci, a una mega cementificazione, con campi da golf e porto turistico alla foce del Bevano.

Il Coordinamento Ravennate per il Clima – Fuori dal Fossile, Legambiente e il Wwf si dicono costernati dalla vicenda, così come Ravenna in Comune, Potere al Popolo e Lista per Ravenna promettono battaglia.

A detta delle opposizioni, la Giunta de Pascale già nel 2017 stava lavorando per un’acquisizione dall’immobiliare, tanto che nel giugno 2021, erano stati stanziati fondi per l’acquisto dell’area. «Poi non se ne seppe più nulla, ma nessuno immaginava un simile epilogo» afferma il consigliere comunale Ancisi.

«Lo scandalo della svendita di Ortazzo e Ortazzino, mette in luce responsabilità politiche molto gravi – scrive nella sua interrogazione la consigliera e co-portavoce regionale di Europa Verde, Silvia Zamboni – Qualcuno deve assumersi la responsabilità di questo scandalo e dimettersi. Inoltre, la Regione acquisti le aree e si proceda a dotare il Parco di fondi e personale adeguato. E si operi per istituire il Parco Nazionale Delta del Po».

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