A che punto sia arrivata la deriva autoritaria in Brasile lo indica assai bene la denuncia per associazione a delinquere presentata dalla Procura federale contro l’icona del giornalismo indipendente Glenn Greenwald, co-fondatore del sito investigativo The Intercept, a cui si devono le clamorose rivelazioni sul complotto giudiziario della Lava Jato per escludere Lula dal processo elettorale.

La persecuzione contro il giornalista era in realtà iniziata già lo scorso giugno, all’indomani della pubblicazione dei primi materiali compromettenti sugli abusi commessi da Sergio Moro e dal pool di procuratori guidato da Deltan Dallagnol, quando erano apparse minacce di morte da parte delle milizie digitali di Bolsonaro non solo contro il giornalista, ma anche contro suo marito, il deputato David Miranda, in mezzo a invocazioni di deputati bolsonaristi a favore della chiusura di Intercept e dell’espulsione di Greenwald, cittadino statunitense residente a Rio de Janeiro, e a raccolte di firme per la creazione di una commissione di inchiesta, in base all’accusa di hackeraggio dei cellulari dei membri della Lava Jato.

I vari tentativi di imbavagliarlo erano stati però vanificati dalle conclusioni della Polizia federale nell’ambito dell’operazione Spoofing (come è stata chiamata l’indagine sulle invasioni degli account di Telegram), secondo cui non era «possibile individuare alcuna partecipazione morale e materiale ai reati investigati» da parte di Greenwald, di cui anzi veniva riconosciuto «l’atteggiamento prudente» rispetto alle fonti.

Conclusioni che tuttavia non hanno impedito ora al procuratore Wellington Divino Marques de Oliveira – di cui è nota l’amicizia per il ministro Moro – di denunciare il giornalista, in un chiaro tentativo di criminalizzare – ha commentato Intercept – «tutto il giornalismo brasiliano», nei cui confronti è nota la crescente insofferenza dell’attuale governo.

Così, non potendo «negare i fatti», cioè i «metodi sporchi di Moro e della Procura federale e la loro totale mancanza di rispetto per le istituzioni», si è preferito «screditare chi insiste a rivelarli». Ma «nulla di tutto ciò potrà farci tacere», ha concluso la redazione del sito investigativo.

La denuncia contro Greenwald appare però anche come un novo capitolo della guerra in corso nel potere giudiziario brasiliano, soprattutto da quando, all’interno della Corte Suprema, il vento ha cambiato direzione, soffiando decisamente contro la Lava Jato.

A nessuno è sfuggito, infatti, come l’accusa della Procura federale rappresenti un chiaro affronto contro il Supremo tribunale federale che, lo scorso agosto, aveva blindato il fondatore di Intercept da ogni attacco al suo lavoro giornalistico.