Dopo una settimana di braccio di ferro Donald Trump ha dovuto cedere, ratificando il pacchetto di aiuti anti-crisi. Scongiurato così all’ultimo momento uno shutdown, il blocco della maggior parte dei servizi pubblici. Firmando la legge sul finanziamento dello Stato Federale The Donald ha sbloccato i 900 miliardi di dollari destinati a famiglie e piccole imprese colpite dalla pandemia, mossa approvata la settimana scorsa dal Congresso dopo mesi di stallo e definita dal tycoon «una vergogna».

TRUMP AVEVA CHIESTO che i pagamenti diretti venissero aumentati da 600 a 2mila dollari, così come avevano proposto molti democratici, da Bernie Sanders a Nancy Pelosi. A frenare sono stati proprio i suoi compagni di partito del presidente uscente.

A Fox News, emittente conservatrice cara a Trump, il senatore repubblicano Pat Toomey aveva dichiarato: «La legge è stata approvata con un margine schiacciante da Camera e Senato, tanto da poter annullare il veto presidenziale. Capisco che il presidente voglia essere ricordato per aver sostenuto grandi sussidi, ma il pericolo è che venga ricordato per il caos e la miseria che ha causato se questo accade».

A INFUIRE SULLA DECISIONE di Trump è stata anche la consapevolezza di doversi impegnare in prima persona in una serie di comizi in Georgia, dove il 6 gennaio si vota per i due posti vacanti al Senato. Il risultato decide chi avrà il controllo della prossima Camera Alta, quindi al Congresso. Al momento i democratici hanno una risicata maggioranza alla Camera e hanno bisogno di vincere entrambi i senatori della Georgia per raggiungere così una parità in Senato che, grazie agli interventi risolutivi in aula concessi al vicepresidente si trasformerebbe in vantaggio.

Kamala Harris è già attiva in Georgia con due iniziative a favore dei candidati Dem, il giovane documentarista Jon Ossof e il pastore afroamericano Raphael Warnock, mentre per il Gop si è spesa Ivanka Trump, a sostegno degli attuali senatori repubblicani, David Perdue e Kelly Loeffler.

Trump stesso ha annunciato un evento per il 4 gennaio, dove, se non avesse sbloccato il piano di sussidio, sarebbe stato sicuramente contestato.