«Ho scoperto Nico nello stesso modo in cui l’hanno conosciuta tutti: attraverso il disco dei Velvet Underground. E mi sono innamorata subito di quella sua voce cupa, ’aliena’», dice Susanna Nicchiarelli che a Nico – nata Christa Päffgen in Germania nel 1938 – ha dedicato il suo terzo film: Nico, 1988, incoronato miglior film della sezione Orizzonti a Venezia 74 e in sala dal 12 ottobre.

Ma non alla Nico che tutti conoscono, al periodo appunto dei Velvet Underground quando era la musa di Andy Warhol, bensì agli ultimi due anni della sua vita – che passa in tour per l’Europa con la sua band – prima della morte per un incidente in bicicletta nel 1988, a 49 anni. «Ho scoperto che dopo i 40 anni – quando si è trasferita in Inghilterra, ha ricucito i rapporti con il figlio Ari e a un certo punto è riuscita anche a disintossicarsi dall’eroina – Nico ha vissuto l’epoca più felice della sua vita: me l’hanno detto tutti quelli che ho intervistato», spiega Nicchiarelli che ha parlato anche con il figlio Christian Aaron Boulogne avuto dalla musicista con Alain Delon.

Inoltre, aggiunge la regista, «credo che Nico abbia scritto alcune delle cose più belle dopo i Velvet Underground, come la colonna sonora di La cicatrice intérieure di Philippe Garrel».
A interpretare Christa – che non vuole più essere chiamata Nico – è l’attrice danese Trine Dyrholm: «Non volevo che ci fosse una somiglianza tra il personaggio e la vera Nico – spiega Nicchiarelli – perché credo che quando nei biopic l’attore assomiglia troppo alla persona, o c’è troppa imitazione della realtà, il pubblico non si goda davvero il film».

Il passato di Christa compare sullo schermo solo in flashback, e più che sui suoi anni «di gloria» a New York Nico, 1988 insiste sull’infanzia della musicista, il cui ricordo non l’ha mai abbandonata: «Uno dei motivi per cui mi sono innamorata di lei – spiega infatti Nicchiarelli – è che nelle interviste parlava moltissimo della sua infanzia, diceva che quando si addormentava i suoi sogni iniziavano e finivano sempre tra i mattoni di Berlino», quella Berlino distrutta dai bombardamenti quando Christa era una bambina. «In lei era molto forte anche la vergogna di essere tedesca.

Una volta aveva detto: ’Lou Reed non mi ha mai perdonato quello che il mio popolo ha fatto al suo’», racconta ancora la regista. In questo modo la vita del suo personaggio – che in tour visita anche Praga alla vigilia dello scioglimento del Patto di Varsavia – si intreccia con la Storia: «È interessante osservare come la Storia pesi sulle spalle dei personaggi».

Per Trine Dyrholm, anche magnifica interprete delle canzoni di Nico, la cosa più importante – dice – era proprio «riuscire a ’trovare’ la sua voce. Le sette canzoni che lei canta nel film esprimono infatti per me i diversi stati emotivi del personaggio attraverso la storia». Tra queste c’è anche una canzone che la musicista – «che non faceva cover», come spiega Nicchiarelli – non ha mai cantato: Nature Boy di Nat King Cole. «Voleva essere un segreto omaggio a David Bowie, che ne ha fatto una cover bellissima – dice la regista – ma ci tenevo anche che nel film di fosse una canzone di Trine, della ’mia’ Nico».