Mentre a Santiago gli edifici oscillavano per una scossa di terremoto di magnitudo 6.0 con epicentro a 28 km da Illapel, nella zona costiera centrale del Cile, per le strade aveva luogo l’ennesima scossa di un inimmaginabile terremoto politico: quella del “super lunedì” di mobilitazione lanciato dalla Mesa de unidad social, che, in mezzo a una dura repressione, ha radunato di nuovo decine di migliaia di persone in Plaza Italia, oltre a una manifestazione dinanzi al Congresso a Valparaíso, a cacerolazos e a blocchi stradali.

IL MESSAGGIO CHE ARRIVA ininterrottamente dalle strade è ormai noto: il rifiuto dell’«Agenda sociale» del governo – una serie di concessioni che lascia inalterato il modello politico-economico dominante -, la garanzia di giustizia per le vittime della repressione e la richiesta di «cambiamenti radicali» attraverso la creazione di un’Assemblea costituente. Un obiettivo, quest’ultimo, raggiungibile necessariamente attraverso la rinuncia di Piñera, il cui livello di approvazione è caduto ancora di un altro punto, arrivando al 13%.

Sul modo di ottenere la caduta del governo, tuttavia, esistono all’interno del campo popolare due diverse strategie. Da un lato la via di un cambiamento che passa anche attraverso canali istituzionali: quella della Mesa de unidad social, di cui fanno parte un centinaio di organizzazioni, vicina alle posizioni del Frente Amplio e del Partido Comunista (compresa l’iniziativa di un’accusa costituzionale contro il presidente). Dall’altro lato la via del cambiamento attraverso la mobilitazione dal basso: quella degli studenti delle scuole secondarie e delle forze della sinistra più radicale che, in contrapposizione all’intero sistema politico, accomunato indistintamente dallo stesso discredito, e in difesa della propria autonomia, puntano su uno sciopero generale a tempo indeterminato come strumento per cacciare Piñera. Perché, sostengono tali forze, non basta riempire le piazze per far cadere il governo, ma è necessario colpire i settori strategici dell’economia.

E SE IL PRIMO NOVEMBRE le principali organizzazioni sindacali del paese, legate alla Mesa de Unidad Social, hanno annunciato la costituzione di un “Comité de Huelga” incaricato proprio di preparare uno sciopero generale mirato alla paralisi dell’intera attività economica, il timore delle forze popolari che non si riconoscono nell’Unidad Social è che tutto venga deciso a livello di vertice, anziché a partire dalle basi, attraverso la convocazione di assemblee in ogni luogo di studio e di lavoro. In questo quadro, si intende bene come l’iniziativa di un settore del Frente Amplio di riunirsi, il 31 ottobre scorso, con il nuovo ministro dell’Interno Gonzalo Blumel sia stata vissuta come un tradimento da una buona parte dei manifestanti, come pure è malvista da molti la richiesta del Partido Comunista di un dialogo tra il governo e la Mesa de unidad social. Posizioni ritenute incompatibili con il grido emerso dalle strade: che, cioè, «i morti non si negoziano».