Scenari recenti hanno portato alla ribalta due album di jazzisti italiani, album dal forte valore sia musicale che etico. Si tratta di due artisti (sassofonisti e compositori) all’incirca della stessa età (sopra ai sessant’anni), che debuttarono negli anni ottanta ma con vicende diverse. Roberto Ottaviano – apprezzato docente di conservatorio, barese – ha sempre avuto visibilità e progettualità estese, dai primigeni progetti per soprano solo (sull’esempio di Steve Lacy, di cui è un originale seguace) o per sestetto di fiati (Six Mobiles) ai dischi e performance che lo vedono impegnato anche con significativi artisti internazionali, tra cui il pianista Alexander Hawkins e il batterista Hamid Drake. Antonio Apuzzo ha esordito con un trio colemaniano insieme a Sandro Lalla e a Mauro Orselli ed è tra i fondatori della romana Scuola Popolare di Musica di Villa Gordiani. Il plurisassofonista non ha mai smesso di comporre, proporre e registrare gruppi e repertori di grande originalità (Ibrido Hot X, Electric Dream…). Il suo nome ha avuto talvolta spazio sulla stampa specializzata ma mai quanto avrebbe meritato.  (21)

Partiamo proprio dai New Strikers di Antonio Apuzzo che hanno inciso Musiche insane (Alfa Music, 2020), un album dall’originale copertina di Paul Whitehead (creatore di famose cover per i Genesis) in cui i suoni interagiscono spesso con le parole. Le canta la voce inconsueta e ricca di pathos di Marta Colombo che dà spessore a liriche scritte dal leader, da lei stessa o riprese da James Joyce, Dylan Thomas e Cesare Pavese; gli inserti recitati nei nove brani dell’album sono, invece, della poetessa Jolanda Insana (1937-2016), una sperimentatrice dal linguaggio corrosivo. Il sestetto acustico con la Colombo, Apuzzo (sassofoni e clarinetti), Valerio Apuzzo (tromba), Luca Bloise (marimba), Sandro Lalla (contrabbasso) e Michele Villetti (batteria) tesse un narrazione sonora in forma di suite, usando canzoni eterodosse, improvvisazioni free e blues irregolari, connessi e fusi grazie ai versi della Insana. Ne viene fuori un panorama sonoro inquieto e visionario, che disegna il distopico scenario contemporaneo non senza slanci poetici e “asciutte” speranze.

Resonance & Rapsodies (dodicilune, 2020) è un doppio Cd inciso con due ensemble: Extended Love con le ance di Roberto Ottaviano e Marco Colonna, le “tastiere” di Giorgio Pacorig e Alexander Hawkins, i “bassi” di Giovanni Maier e Danilo Gallo, le batterie di Zeno De Rossi e Hamid Drake. Eternal Love, invece, allinea il leader, Colonna, Pacorig, Maier e De Rossi. “La musica di questo album- scrive Ottaviano – è dedicata alla amata memoria del mio grande amico, mentore e mai esaurita sorgente di ispirazione, nella musica e nell’umanità, Keith Graham Tippett”, scomparso proprio nel 2020. Se Eternal Love è attivo da tre anni, la versione Extended nasce nell’ambito di un progetto (dedicato a John Cassavetes) e si basa su profonde affinità elettive. Il tema centrale dei due Cd è quello dell’amore, un amore che evoca il “Love Supreme” di John Coltrane come la magia e gli spiriti. Intervistato da Alceste Ayroldi per “Musica Jazz” (nel Top Jazz l’album della dodicilune è il “miglior disco italiano del 2020”), Roberto Ottaviano ha detto: “credo che ci sia bisogno di amore, da non confondere con il buonismo sottomesso, parlo di gesti importanti (…) credo che quello di Greta Thumberg sia stato un bell’atto d’amore”. La musica si esprime attraverso un avanzatissimo linguaggio libero, che affonda le sue radici nel free jazz storico ma lo proietta nel presente, ne coglie la forza dirompente e la passione travolgente in magmatici, materici ensemble come in momenti più rarefatti. Musiche Insane e Resonance & Rhapsodies non si rassegnano: parlano dell’oggi, di noi, di sconfitte e di speranze.