Centodiciassette lungometraggi, sessantasei corti, settemila professionisti di settore, e almeno un paio di decine di migliaia di «turisti» stanno preparandosi a piombare su Park City dove giovedì sera verrà inaugurata l’edizione 2014 del Sundance Film Festival (16-26 gennaio). I numeri non fanno la qualità o l’interesse di una manifestazione, ma quelli del festival di Redford sono diventati tali che l’altro giorno, la critica del New York Times Manohla Dargis ha utilizzato l’imminente inizio di Sundance per scrivere, An Appeal to Sanity, un appello alla ragione, invitando i distributori che andranno a Park City non a comprare più film di quanti ne avessero acquistati l’anno scorso ma meno. Il motivo? Il boom del cinema indipendente, che deve a Sundance la sua fortuna, sta creando un mostro, che si è tradotto, nel 2013, in oltre 900 film arrivati nelle sale di New York (a Los Angeles la cifra sarà analoga, molto meno nel resto degli Stati uniti), gran parte dei quali, scriveva non a torto Dargis, decisamente insignificanti e che sono non stati visti. 20/25 nuovi film in sala ogni settimana si cancellano a vicenda.

Appello o no, è garantito che per le prossime due settimane, a Park City, furoreggerà la caccia al nuovo Fruitvale Station (che ha vinto l’anno scorso, un successo critico e andato discretamente anche al botteghino), alla nuova Jennifer Lawrence («scoperta» a Sundance con Winter Bone) o il nuovo Little Miss Sunshine (uno dei maggiori successi anche finanziari della storia del festival). Come sempre, il programma è pienissimo di nomi sconosciuti e di film di cui non si sa niente. La mappa che segue sarà quindi ampiamente integrata e ridisegnata nei giorni a venire.

L’apertura

Da anni ormai, si evita il temibile filmone anteprima per buttarsi direttamente nel concorso, con un titolo a rappresentare ogni sezione competitiva, incluso un programma di cortometraggi. Per il concorso fiction Usa, sarà Whiplash, espansione di un corto omonimo dell’ex studente di Harvard Damien Chazelle (Guy and Madeline on a Park Bench), presentato a Sundance nel 2013; per quello documentario Dinosaur 13, sul ritrovamento del più grosso dinosauro del mondo (un T –Rex soprannominato Sue), in South Dakota. Il regista, Todd Miller, viene da Brooklyn e questo è il suo primo lungo. I due film del concorso internazionale saranno invece Lilting, un film inglese diretto da Hong Kau, e la coproduzione tedesca/istraeliana/inglese The Green Prince, del regista israeliano Nadav Schirman.

L’apertura a Salt Lake

In segno di riguardo al governo dello Utah, per anni, l’inaugurazione del festival era Salt Lake City. Non è più così ma è rimasto un «gala» per i residenti della capitale. Quest’anno è dedicato a un mormone famoso, che aveva diretto il comitato olimpico locale. Mitt, il documentario sull’ex governatore del Massachusetts e ex candidato presidenziale Mitt Romney è diretto da Greg Whiteley, il regista dell’interessante New York Doll.

Le anteprime

Sono le sezioni dove, in genere, passano gli autori già più conosciuti, i film con budget più alti. Nella fiction, si segnala per esempio Laggies, un nuovo film della regista Lynn Shelton che, l’anno scorso, con Your Sister’s Sister, aveva abbandonato le sue radici mumblecore a favore di uno stile indie più convenzionale. Gregg Araki è un veterano del festival (il suo The Living End debuttò qui nel ’92…), che torna quest’anno con White Bird in a Blizzard, tratto dal romanzo di Laura Lasischke, con Shailene Woodley e Eva Green. Sempre accolti con favore a Park City sono i film diretti da attori. William H. Macy arriva con Ruderless, su un padre che diventa musicista utilizzando le musiche del figlio morto; e Hits, esordio al lungometraggio dell’attore/autore comico David Cross.

Tra i più attesi, I Origins, di Mike Cahill, qui tre anni con Another Earth e, annunciato solo ieri, Boyhood, un progetto a cui Richard Linklater sta lavorando da anni. Tra le anteprime del documentario, oltre a Mittt, nuovi lavori di Alex Gibney (Finding Fela, su Fela Kuti), Joe Berlinger (Whitey: United States of America v. James G. Bulger), Steve James (Life Itself, dedicato al critico cinematografico Roger Ebert).

I concorsi

16 film di fiction americani, 16 documentari Usa, 12 titoli fiction internazionali e 12 doc internazionali, più 8 programmi di cortometraggi. Trattandosi quasi sempre di film d’esordio e, per gli Stati uniti, di prime mondiali è un territorio pressoché indecifrabile «a distanza».

Sezioni da tenere sempre d’occhio

Next è quella dedicata ai film giudicati troppo «rozzi» per il concorso (il bellissimo Computer Chess era lì nel 2012), e in cui quest’anno è presentato, tra gli altri, Listen up Philip, di Alex Ross Perry. New Frontier è quella con i film giudicato troppo «difficili» per il concorso (errore storico, misero lì Old Joy, di Kelly Reichardt). In quel programma incuriosiscono il documentario «live» The Measure of All Things, di Sam Green (The Weather Undeground) insieme al gruppo musicale yMusic e Hitrecord on TV, un programma tv di varietà creato da Joseph Gordon-Levitt. Park City a Midnight, la sezione mezzanotte, sta un po’ perdendo terreno rispetto a quella del festival texano SXSW. Sarà presentato lì primo film in 3D del festival, Under the Electric Sky (EDC 2013).