Nella storia delle rivolte e degli atti di resistenza avvenuti in Giappone nel periodo post bellico, un posto speciale appartiene a Sunagawa, piccolo villaggio della città di Tachikawa, ora parte della zona metropolitana di Tokyo. Sessantacinque anni fa infatti, il piano di espansione della base militare americana di Tachikawa, ed in particolare del suo aeroporto che avrebbe dovuto estendersi fin nei territori di Sunagawa, fu accolto da una fluviale e massiccia protesta che unì vari strati della popolazione giapponese.
Il progetto prevedeva l’esproprio dei terreni di più di 140 famiglie di contadini che quelle terre le avevano abitate e coltivate da generazioni, e più in generale la rivolta che montò per circa due anni, fece confluire ed unificò varie correnti di un sentimento anti americano, anti imperialista ed anti autoritario che si sarebbe ingigantito ed intensificato nel decennio successivo. Si tratta di una resistenza che fece storia per svariati motivi, innanzitutto perché fu un successo, di fatto bloccando l’espansione della base americana e con un conseguente ridimensionamento della presenza americana nell’arcipelago, già a partire dal 1957. Ma anche perché sono forse le prime rivolte dove combattono fianco a fianco ed in maniera così massiva contadini e studenti, con la presenza importante di una delle fazioni studentesche che più faranno storia, lo Zengakuren.

PROPRIO i giovani di questi gruppi studenteschi furono fra i primi a comprendere il diverso valore che le lotte assumono nella società dello spettacolo, e quindi anche gli effetti della loro rappresentazione. Programmi televisivi e macchine da presa seguirono gli scontri tra polizia e protestanti molto da vicino, inizia qui a Sunagawa, in Giappone almeno, quella fusione fra rivolta politica e sua rappresentazione che tanto caratterizzò i decenni a venire. Molti dei grandi cineasti giapponesi cresciuti subito dopo la guerra, Nagisa Oshima, Kiju Yoshida ma anche Koji Wakamatsu ed altri, si formano politicamente ed esteticamente in questo periodo e proprio in questo milieau. Gli studenti dello Zengakuren adottano i sit-in non violenti, perché sanno che questa loro posizione sarà trasmessa in televisione, si vestono inoltre e spesso di bianco, questo per far risaltare il rosso del sangue risultato dai colpi inferti dalla polizia. Queste tattiche di resistenza e di uso della rappresentazione televisiva e giornalistica della violenza subita, una strategia mediatica si direbbe oggi, sarebbero diventate un know-how di base per quasi tutte le lotte di resistenza avvenute nei decenni successivi.
Anche dal punto di vista più prettamente cinematografico, Ryuketsu no Sunagawa (Sunagawa insanguinata), così furono chiamati i fatti avvenuti nel biennio, diede alla luce dei lavori che avrebbero influenzato la settima arte giapponese nei decenni a venire. Fumio Kamei, una delle grandi figure del documentario giapponese pre e post bellico, dal 1955 al 1956 seguì e filmò gli scontri fra polizia e protestanti in tre documentari che fornirono il calco per i documentari di stampo politico che sarebbero stati realizzati negli anni sessanta e settanta, in primis quelli della Ogawa Production. Soprattutto l’ultimo di questi tre, Ryuketsu no kiroku: Sunagawa (Record of Blood: Sunagawa) trasmette in immagini la violenza degli scontri ed il caotico svolgersi degli avvenimenti da un punto di vista ben preciso e che non vuole essere per niente sopra le parti, ma che sa, grazie al fatto che la troupe del film visse con i protestanti per un certo periodo di tempo, assorbire ed adottare il punto di vista del soggetto filmato.

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