Chiedono l’avvio in Siria di un processo politico gestito dall’Onu e appoggiato da Washington, i leader di Turchia, Russia, Francia e Germania riuniti ieri in un vertice a Istanbul. Nella dichiarazione finale il padrone di casa Recep Tayyip Erdogan, Vladimir Putin, Emmanuel Macron e Angela Merkel chiedono la convocazione entro la fine dell’anno di un comitato incaricato di lavorare alla riforma costituzionale in vista di elezioni politiche. Appoggiano inoltre gli sforzi per facilitare il ritorno «sicuro e volontario» dei rifugiati siriani. La dichiarazione finale del vertice è un compromesso tra le posizioni divergenti dei quattro leader. Il presidente Bashar Assad e la Siria sono sostenuti dalla Russia e dall’Iran. Contro Assad è invece la Francia che ha operato in tutti i modi, anche sostenendo i salafiti di Jaysh al Islam (gruppo islamico ultraconservatore finanziato dall’Arabia saudita) per provocarne la caduta. Con lo stesso fine la Turchia ha appoggiato (e appoggia) vari gruppi armati islamisti.

Putin comunque ha mantenuto la linea portata avanti sino ad oggi da Mosca persuadendo Erdogan, Macron e Merkel ad inserire nella dichiarazione finale il rifiuto «delle agende separatiste volte a minare la sovranità e l’integrità territoriale della Siria, nonché la sicurezza nazionale dei paesi vicini». Un punto fondamentale poiché, almeno sulla carta, esclude la spartizione della Siria che gli Usa, alcuni paesi europei e le monarchie sunnite del Golfo vedrebbero con grande favore. Il sostegno all’integrità territoriale siriana è importante anche per il futuro della regione di Idlib, l’ultima ancora nelle mani dei qaedisti di an Nusra e di varie formazioni armate. Mosca e Ankara hanno concordato lo scorso 17 settembre la creazione di una zona smilitarizzata larga 15-20 chilometri tra i miliziani e l’esercito siriano pronto a riconquistare la regione. Quindi il 10 ottobre la Turchia ha annunciato che i gruppi anti-Damasco hanno ritirato le armi pesanti dalla zona smilitarizzata pattugliata da soldati turchi e russi.

Sul summit è scesa l’ombra inquietante dell’Isis che qualcuno vorrebbe sconfitto, ormai fuori combattimento e che in Siria continua a compiere stragi e a destabilizzare il paese. Negli ultimi giorni gli uomini del Califfato hanno ucciso almeno 40, forse 60, combattenti delle Forze democratiche siriane (Sdf), a maggioranza curda e sostenute dagli Usa. A dare la notizia con grande enfasi è stata l’agenzia di stampa dell’Isis, Amaq, che ha diffuso un video con la cattura di sei soldati avversari. I miliziani dell’Isis hanno lanciato un blitz sulle rive dell’Eufrate infliggendo gravi perdite alle Sdf che da settembre sono impegnate in un’offensiva per espugnare le ultime roccaforti dell’Isis nella Siria orientale. Offensiva che non fa progressi significativi a conferma che i miliziani dell’Isis sono sempre ben armati ed organizzati grazie a nuovi finanziamenti giunti, secondo indiscrezioni, ancora una volta da ignoti “donatori” nell’area del Golfo.