Due anni fa, in occasione della 9° Conferenza dell’Aepf (Asian European Peoples Forum), Sumbath Somphone, nella sua qualità di co-presidente del Comitato nazionale di organizzazione, pronunciò il discorso di apertura della sessione che si teneva a Ventiane, capitale del Laos. Era felice e orgoglioso che, dopo mesi di lavoro intenso, la nona conferenza dell’ Aepf fosse inaugurata ufficialmente addirittura dal viceprimo ministro. Partecipavano più di 1000 delegati in rappresentanza di organismi della società civile di tutta l’Asia e dell’Europa.

Come laotiano Sumbath era fiero che il suo paese ospitasse un evento di tanta importanza.

Fra il 16 e il 19 ottobre 2012 i partecipanti hanno appassionatamente discusso e scambiato esperienze relative alle loro comuni sfide: alla povertà, alla disuguaglianza, alla disoccupazione. I delegati hanno lavorato intensamente per preparare il documento finale – «La visione dei popoli» – contenente le aspirazioni e le speranze comuni, che è poi stato presentato ai leader dei paesi della Asem, riuniti nei giorni successivi, affinché ne tenessero conto nelle loro deliberazioni.

Secondo tutti la 9° Conferenza della Aepf tenuta a Vientiane è stata quella che ha ottenuto il maggior successo in questi venti anni di vita della sua storia.

Il 15 dicembre, due mesi dopo, Sumbath Somphone, è scomparso. E’ stato visto l’ultima volta a un posto di polizia a Vientiane, portato via da un camioncino bianco. L’intera sequenza del suo rapimento è stata registrata dalle televisioni a circuito chiuso installate per controllare il traffico della città (ce ne sono 250) e le immagini di quanto accaduto sono state in seguito scambiate attraverso YouTube.

La scomparsa di Sumbath ha prodotto uno shock in tutta la comunità degli operatori sociali dell’Asia, perché il suo trentennale lavoro è conosciuto nel Laos e in tutto il continente. Il suo impegno a favore dello sviluppo delle comunità e per la gioventù gli hanno anche guadagnato nel 2005 il premio Ramon Magsaysay , l’equivalente asiatico del premio Nobel.

Dopo il suo rapimento numerosi leader dell’Asia e dell’Europa, così come i rappresentanti delle organizzazioni di cooperazione e per i diritti umani, hanno espresso la loro preoccupazione e si sono rivolti alle autorità laotiane affinché fosse condotta una indagine a tutto campo per ritrovare Sumbath e restituirlo a me e alla sua famiglia.

Fino ad ora, dopo due anni, non ho ricevuto alcuna notizia sulla sorte di mio marito. Il governo del Laos ha promesso che avrebbe investigato, ma fino adesso le autorità hanno dichiarato di non aver trovato alcuna traccia di Sumbath o di chi potesse essere sospettato del suo rapimento. Io sono ancora nel pieno dell’angoscia e continuo ad esercitare pressioni affinché si faccia luce.

Da due anni sto cercando di darmi una spiegazione di quanto è accaduto: cosa e chi può aver causato la scomparsa di Sumbath? E’ stato per via del suo impegno sociale e del ruolo di primo piano svoto nella preparazione della 9° conferenza dell’Aepf, per via delle rivendicazioni che in quell’occasione sono state avanzate? Ha forse attraversato qualche sconosciuta linea politica nella sua battaglia per estendere il ruolo della società civile e così ha disturbato qualche potente? Eppure la conferenza dell’Aepf dovrebbe essere uno spazio sicuro per la discussione e il governo ospitante, quello laotiano, avrebbe dovuto garantire sicurezza a tutti i partecipanti. Io non so darmi una risposta.

Riflettendo su quanto è avvenuto mi tornano alla mente le raccomandazioni rivolte a mio marito affinché tenesse conto dei rischi cui il suo impegno nella preparazione della Conferenza lo esponeva; in particolare per la sua insistenza nel sollecitare dialogo e consultazione delle comunità locali laotiane sui problemi relativi alla terra e all’uso delle risorse naturali, così come quelli relativi alle conseguenze della liberalizzazione degli scambi e degli investimenti sulla vita delle comunità locali, tutti temi politicamente molto sensibili.

Ma Sumbath mi ha sempre risposto negando ogni preoccupazione, e dicendomi che la Conferenza dell’Aepf offriva al popolo laotiano l’opportunità di far sentire la sua voce a proposito dell’impatto negativo e positivo delle politiche di sviluppo. Ha insistito dicendo che queste consultazioni locali non erano mirate ad una critica del governo laotiano o del sistema del paese. Sumbath era ottimista e sicuro che molte delle crisi e delle sfide del Laos, così come degli altri paesi asiatici ed europei, potevano esser affrontati meglio se si sviluppava un dialogo franco ed aperto fra i cittadini e i governi.

Ad oggi io non so darmi risposte circa la scomparsa di mio marito. Mi domando se non si fosse impegnato nel modo in cui si è impegnato nella preparazione della conferenza Aepf se sarebbe stato ancora con la sua famiglia. Quanto so però per certo è che Sumbath non si pentirà mai di quanto ha fatto per tutta la vita: lottare per uno sviluppo umanamente centrato, che non perderà mai la sua fede nella saggezza della gente, ricca e povera, scolarizzata o meno, nella loro capacità di costruire un mondo migliore. Ha sempre avuto fiducia anche nella maggior parte dei membri del governo laotiano e nel loro desiderio di costruire un Laos forte e prospero. Ma quanto era necessario, insisteva, era la capacità di chi governa di riconoscere il potenziale del popolo, di dargli fiducia, di ascoltarlo, di includerlo.

Questa visione di Sumbath io credo sia anche lo spirito che anima l’Aepf da quando è nata venti anni fa.