Il futuro è un argomento di cui si parla poco nel nostro Paese e che non si tiene in considerazione quando si prendono decisioni strategiche e si fanno investimenti importanti.

SUM#01, alla quale ho partecipato come relatore, è stato un’importante occasione per fornire spunti al dibattito pubblico nel nostro Paese dando la parola a esperti, professionisti, scienziati e intellettuali con i quali, l’8 aprile scorso, si è discusso del futuro della tecnologia, del lavoro e delle imprese, della scienza, dell’informazione, del potere e, in ultima analisi, dell’uomo.

Non a caso, oltre alle motivazioni legate alla storia personale di Gianroberto Casaleggio, per l’evento è stata scelta la storica sede della Olivetti ai tempi del suo fondatore, Adriano Olivetti, imprenditore “illuminato” che ha sempre messo le persone ed il tessuto sociale al centro.

Dopo il saluto di Beniamino de’ Liguori Carino, della Fondazione Olivetti, che ha ricordato la filosofia di Olivetti, che vista dal 2017 sembra tanto “visionaria” quanto distante dalle realtà attuale fatta sempre meno di rispetto e valorizzazione delle persone, è stata la volta dell’Amministratore Delegato di Google Italia. Fabio Vaccarono ha utilizzato la metafora della legge di Varian, in realtà sarebbe la legge di Bendford poi utilizzata nel 1972 da Hal Varian, nel tempo consulente, anche di Google, che suggerì la possibilità di utilizzare questa legge per individuare eventuali falsificazioni nelle raccolte di dati usate per sostenere decisioni politiche, basandosi sul presupposto che chi vuole “addomesticare” dei dati ha una preferenza a usare numeri con cifre distribuiti in modo non “naturale”. L’Ad di Google ha sostenuto che “Internet è per sua natura la tecnologia abilitante della legge di Variant” e ha citato il fenomeno del car sharing come perfetta esemplificazione della legge di Variant, sostenendo che si tratti esattamente di un “esempio di diffusione e calcolo combinatorio che deriva dalla combinazione di innovazione in settori diversi” utilizzando inoltre l’indice “digital potential” di McKinsey come elemento di partenza nella definizione di quelle, che a suo avviso, sono le immense potenzialità che la tecnologia ha ancora da offrire.

Visione a cui ha fatto da contraltare lo speech di Enrico Mentana il quale, archiviate le polemiche sull’opportunità della sua partecipazione, ha affermato, tra le altre cose, che “Google è forma di elevazione per molti ma di abbassamento per altri. Ormai vai dove ti portano i motori di ricerca, credi di sapere tutto perché c’è Wikipedia. Assistiamo a una massificazione piatta, realtà alternativa, fake news. Ma una fake news d’autore non è più una fake news. Diventa un’autorevolissima interpretazione di un fatto”.

Prende quindi la parola Giampiero Lotito, di Facilitylive, che addirittura lancia una sfida alla Silicon Valley: “È un gigante stanco: quando uno comincia a mostrare i muscoli vuol dire che ha paura”.

Interessante la prospettiva offerta da Domenico De Masi che in buona sostanza ha sostenuto, attualizzandolo, il vecchio concetto di lavorare meno, lavorare tutti, generando l’attacco di Aldo Grasso il giorno dopo sulla prima pagina del Corriere della Sera “Lavorando sodo, De Masi potrebbe spiegare loro – ai cinque stelle – (e a noi) che «l’attività del cretino è molto più dannosa dell’ozio dell’intelligente»”.

Matrice di Boston Giornali

Successivamente al mio intervento dove, in un quarto d’ora abbondante, ho sintetizzato l’attuale scenario e proposto una matrice di Boston (vedi immagine) su ruolo e prospettive delle diverse aree di quella che Emily Bell definisce l’ex industria dell’informazione, il dibattito ha visto coinvolti Marco Travaglio (la cui espressione è imperdibile quando, verso la fine del mio intervento, affermo che i giornali – di carta – dovrebbero andare ad almeno due euro, o più), Franco Bechis, Gianluigi Paragone e Carlo Freccero.

Travaglio in particolare nel suo intervento ha chiesto retoricamente “Quando non ci sarà più la carta stampata, le notizie chi le darà?” Non i telegiornali, a suo avviso. Perché “si limitano a dare notizie su cose che si sanno già”.

Insomma, il futuro non è più quello di una volta, ma mettendo a sistema l’intelligenza collettiva ci sono certamente davanti a noi grandi opportunità.

Il tutto sta certamente nel volerlo fare e da questo punto di vista credo che il convengo abbia offerto davvero numerosi spunti per agire.

* Pier Luca Santoro è tra i fondatori di DataMediaHub