Bene, per oggi educazione fisica finisce qui. Mettetevi a sedere sulla striscia bianca. Fine. Per oggi non facciamo niente. Dobbiamo parlare di quello che è successo.

«Cosa è successo?». «Non hai visto? Durante la staffetta». «Io non mi sono accorta di niente». «Non noi. Loro». «Ah, ho capito. Quando L. ha dato la colpa a E. e dopo lei non ha voluto più giocare?». «Esatto. E non vuol più giocare neppure adesso».

Per me non avete ancora capito bene perché venite a scuola e, soprattutto, in palestra. Poi non avete capito bene cosa è lo spirito di squadra. Io non so quanti di voi giocano in una squadra di calcio o pallavolo o di basket, ma non capisco come è possibile che i vostri allenatori non dicano niente se qualcuno si comporta così. Avete capito almeno cosa mi ha fatto arrabbiare?

«Sì. Perché L. ha offeso E. e lui ha pianto. C’è rimasto male». «È stato anche poco furbo perché dopo lui si è scoraggiato e hanno perso anche la staffetta». «Invece di fare il tifo per lui, dopo lo hanno preso in giro tutti. Non sono dei veri compagni di squadra, se ti prendono in giro». «Anche voi, però, nella vostra squadra, delle volte ho sentito che vi prendete in giro». «Noi oggi non abbiamo mai preso in giro nessuno. Anche chi corre più lento degli altri. Noi abbiamo fatto il tifo anche a loro. Anche a chi correva più lento. Anzi, corre ancora più lento». «È vero. Perché lei, poi, proprio perché corre più lenta, per me ha bisogno di più tifo, di più incoraggiamenti». «Lei chi?». «Non faccio nomi. Ma tutti sappiamo chi è». «Non è possibile che ci sia sempre questa cosa di prendere in giro e dopo uno piange e il maestro non ci fa più fare palestra. Per me noi dobbiamo andare più d’accordo o va a finire che non giochiamo più». «Per me dovrebbe non giocare solo chi ha sbagliato, chi ha offeso. Noi, invece, quelli che si sono comportati bene, dovremmo continuare a giocare». «Io penso che in ogni squadra e perciò anche nella squadra della staffetta ci sono quelli che corrono più veloci e quelli che corrono un po’ più lenti. Ma è normale». «Se in una squadra ci sono solo i più veloci e in una solo i più lenti, non sarebbe bello. Non ci sarebbe partita. Si saprebbe già chi vince. Per questo il maestro fa le squadre così». «A me piace che E. ha pianto». «Poi L. ha sbagliato perché la colpa non è solo di E. ma di tutta la squadra. Perché tutti hanno perso. Perché loro hanno una squadra e quando perde una squadra perdono tutti». «Anche per me non è vero è che è stata L. a far perdere la sua squadra. Non è solo colpa sua. Non può essere.

Anche se lei è andata lenta. Perché nella sua squadra ci sono tanti altri e tante altre che corrono anche un po’ lenti o lente». «Io penso che L. dovrebbe smetterla di dire certe cose offensive perché ormai ha stancato tutti. Anche a me delle volte le dice».

E tu L. non hai niente da dire?

«Mi dispiace. Io non volevo offenderla. Ero solo dispiaciuto che ci faceva perdere. Perché se lei era con gli altri invece che con noi, vincevamo noi e non loro». «Ma allora tu non hai capito perché il maestro ci fa fare ginnastica!». «No, lo so. Io lo so che l’importante è partecipare e non vincere. Però dopo voglio vincere. Non mi piace perdere. Non sopporto quelli della mia squadra che mi fanno perdere». «Allora anche io non sopporto te». «Anche io allora non ti sopporto». «Anche io. Perché con te non ci si diverte mai. Con te va sempre a finire che qualcuno piange». «Io non volevo prenderla in giro, ma incoraggiarla. Le ho detto solo di darsi una mossa». «L’hai detto con un tono sbagliato». «L’hai detto con il tono offensivo. E poi urlando forte». «Secondo te a noi piace stare in squadra con te che ci fai sempre perdere?». «Io? Non sono io a farvi perdere. È stata lei». «No, sei stato tu. Perché il maestro ha ammonito tutta la squadra». «Anzi, ancora peggio: tutta la classe. Infatti per colpa tua, adesso, invece di fare ginnastica, noi stiamo qui a parlare». «Cosa me ne frega? Tanto io non avevo più voglia di correre e di sudare». «Maestro, non dici niente?». Secondo me L. sa che ha sbagliato e che non ci si comporta così. Ma adesso non lo vuole dire.