Archiviata la bella vittoria di Ulissi ad Agrigento, e archiviata l’atroce beffa di Alaphilippe, sempre domenica, alla Liegi; archiviata insomma una bellissima domenica di sport sui pedali, a cui purtroppo hanno fatto ombra le poco encomiabili vicende calcistiche, qui al Giro tocca ai big iniziare a darsi battaglia. Da Enna alla cima dell’Etna: tappa breve, ma con salita vera per issarsi fin su al traguardo.

Nella prima parte della corsa il gruppo circumnaviga il vulcano, come a voler prendere le misure alla faticaccia che lo aspetta.
Lo si guarda di sottecchi, il vulcano, da sud, tra afa e foschia, prima di risalire la Sicilia parallelamente alla costa ed aggredirlo dal versante orientale.
Si passa, poco dopo la partenza, da Regalbuto, dove nacque e mosse i primi passi in politica, nelle leghe contadine cattoliche ispirate da Miglioli, Riccardo Lombardi, poi tra le figure più originali della storia del nostro socialismo.

Molto succede, in corsa, già prima dell’avvio: nel trasferimento Thomas, favoritissimo per la rosa sul podio di Milano, cade male per via di una borraccia che perfida gli rotola davanti sulla strada. Come non bastasse, nella gimcana che precede l’imbocco dell’ascesa finale Nibali scatena i suoi, sfruttando la conoscenza del territorio, e ancora una volta è il gallese a pagarne le conseguenze staccandosi. Gli uomini del siciliano non si fanno certo impietosire, seguitano a testa bassa. “La corsa l’è corsa” (Bartali), e Thomas non ne fa già più parte.

Ad inizio salita, siparietto divertente: la Bora vuole fare corsa dura, manda in avanti Fabbro da gregario, ma in realtà il giovane friulano ne ha più di tutto il gruppo. Va forte, tanto forte che stacca tutti a ripetizione, quindi si gira, manda a quel paese i suoi che non lo seguono e si adegua. Divertente, il siparietto, non per Yates, favorito di tappa che non tiene le ruote del gruppo e si avvia ad accompagnare Thomas nel naufragio. Quando il contorno della strada si fa nero per la roccia lavica, e il tempo volge al peggio, bastano due allunghi, di Nibali prima e di Fuglsang poi, per sbriciolare il gruppo. Più avanti, nel frattempo, l’ecuadoriano Caicedo, reduce dai fuggitivi della prima ora, si giova del francobollamento dei big e trionfa a braccia alzate. La maglia rosa finisce addosso al giovanissimo Almeida, questione di centesimi.

L’Etna ci ha raccontato un  Giro anarchico e incontrollabile, che dopo tre tappe ci ha già fatto vedere, dell’essenza del ciclismo, più di un intero Tour de France. E non siamo che all’inizio.