Malvivente, Carmine Crocco lo divenne un attimo dopo aver aperto gli occhi sul mondo, il 5 giugno 1830. Allora, a Rionero in Vulture, provincia di Potenza, malviventi lo erano tutti. In che altro modo si poteva definire chi ogni giorno tornava dalla schiavitù dei campi per mangiare senza mai togliersi la fame e dormire in un tugurio; chi ogni giorno era ostaggio dei ricchi, ne subiva i ricatti, si doveva inchinare alla loro angherie. Ma, sotto la voce ‘malvivente’, il vocabolario classifica soltanto «Chi vive al di là dei limiti imposti dalla legge civile o morale», e non l’essere umano ridotto alla miseria. Carmine Crocco entrò nel vocabolario quando i soprusi, le violenze, le promesse mancate ne fecero un omicida, un disertore e infine un brigante. O meglio: il Generale, il Generalissimo, il Napoleone dei briganti (definizioni ufficiali), durante il decennio che seguì la proclamazione del Regno d’Italia. Crocco, alla testa di un esercito di duemila uomini, acclamato dalla gente del Sud, una volta di più dimenticata, tenne in scacco le truppe italiane e pontificie nel Vulture, in Irpinia, in Puglia; seminò il terrore tra i grandi proprietari terrieri, i commercianti, i coloni; mise a ferro e fuoco villaggi e paesi; fu capace di crudeltà inaudite e gesti di grande generosità. Finì in galera che aveva trentaquattro anni, condannato prima a morte e poi all’ergastolo nel carcere di Portoferraio,isola d’Elba. Dove, malvivente com’era nato, chiuse gli occhi il 18 giugno 1905.

Il consiglio, forse superfluo, è di andare oltre questo obbligato Bignami e leggere di Carmine ad esempio nella Autobiografia illustrata del generale di formidabile banda brigantesca, SiriS Editore; o nel saggio di Ettore Cinnella, Carmine Crocco. Un brigante nella grande storia, Milano, Della Porta Editore. Quanto a seguirne le tracce per farne filo conduttore di una vacanza, un breve itinerario nel Materese evocherà la presenza del Generalissimo e di altri briganti a lui legati. Garaguso racconta di Carmine alleato dei Borboni che provavano a riprendersi il Regno delle Due Sicilie dopo l’Unità. Il 13 novembre 1861, a fianco delle guarnigioni del generale spagnolo José Boriès, Crocco e i suoi si scontrarono con i reparti della Regia Fanteria, a dir la verità senza particolare veemenza. La fanteria mise in fuga gli avversari, che batterono in ritirata, trovando riparo a Grassano. Il paese, circondato da uno scenario naturale in cui dominano le distese di uliveti (l’olio locale si fregia della DOP, Denominazione di Origine Protetta), è raccolto intorno alla cima di una collina. Le campagne di scavi hanno portato alla luce reperti della civiltà greca, tra i quali il ‘Tempietto Heroon, o di Garaguso’, piccolo tempio in scala rinvenuto insieme alla statua di una dea, datati al Quinto Secolo a.C. e custoditi presso il Museo archeologico di Potenza. L’edificio civile di maggior pregio, Palazzo Revertera, si distingue per l’elegante loggiato a tre arcate. Nella chiesa madre di San Nicola di Mira sono visibili un affresco del tardo Rinascimento, Pietà, all’interno di una stanza dietro l’abside; la statua e il braccio-reliquiario di San Gaudenzio, patrono di Garaguso.

Testimoniano Accettura bizantina le rovine di una fortificazione nell’area di Raya, i resti di mura di cinta lunghe ottocento metri in località Cortaglie, i ritrovamenti datati Quinto e Sesto secolo nella foresta di Croccia – Cognato. Le chiese barocche del paese, in particolare l’Annunziata con una statua lignea, Madonna e Gesù, e la chiesa Madre con un crocifisso, entrambi rinascimentali, accolgono opere d’arte di un certo rilievo. A otto chilometri dal paese, Fontana Francesca, nel bosco di Montepiano, fu teatro, il 7 agosto 1862, di un celebre scontro fra le bande del brigantaggio e la Guardia Nazionale. Accettura si schierò con la Guardia, e per il suo contributo alla vittoria meritò una medaglia al valore. Nei boschi, ogni anno, si svolge la Sagra del Maggio, rito sacro e profano che unisce la festa del patrono san Giuliano al ‘Matrimonio degli alberi’, propiziatorio di buoni raccolti.

Di nuovo in mezzo ai boschi, ecco Gorgoglione. La pietra grigia e compatta delle sue case la fa somigliare a un’oasi di pietra circondata dalla tranquillità. Una cornice in cui, accanto agli eleganti palazzi d’epoca, spicca la chiesa Madre di Santa Maria Assunta, romanica e poi barocca, che annovera un’acquasantiera, seicentesca al pari di una croce di scuola orafa napoletana, e una statua di san Rocco, Quindicesimo secolo. Il 12 novembre 1861, un giorno prima dello scontro di Garguso, Carmine Crocco e il generale Borjès entrarono a Gorgoglione, non trovando alcuna resistenza. La Grotta dei Briganti, a sud del paese, trentasei metri di profondità, servì da nascondiglio e punto strategico di controllo sul territorio. A renderne minaccioso l’ingresso ha provveduto la natura, ‘scolpendo’ sulle rocce un viso che somiglia a quello di una grossa scimmia. Cirigliano, il comune più piccolo del Materese, esibisce con orgoglio case e palazzetti di antica memoria, come il cinquecentesco palazzo baronale con la torre ellittica; la cappella dell’Addolorata e la chiesa dell’Assunta, che nascondono una statua di san Giacomo in legno, scolpita nel ’400, e una croce del XVII secolo in argento. Prima di arrivare a Stigliano, bisogna fermare l’auto davanti alla cappella della Madonna della Grotta, scavata da Donato Gruosso nel 1917. Nativo di Avigliano e giovanissimo brigante, Gruosso venne arrestato nel 1868 e si beccò vent’anni di galera. Girando varie carceri imparò a leggere e a scrivere, il francese, la storia, a far di conto. Graziato nel 1887, si stabilì a Cirigliano, dove sposò Annamaria Granata e, rimasto vedovo, Caterina Carbone. Nella grotta impartiva lezioni ai bambini. Morì il 29 aprile del 1937. Ogni anno, il 15 agosto, Cirigliano gli dedica una messa nel corso dei festeggiamenti di Ferragosto.

Continuando a viaggiare a ritroso nelle battaglie di Carmine Crocco, il 10 novembre 1861, in località Aciniello, due chilometri da Stigliano, le bande del Generalissimo e di uno dei suoi fedelissimi luogotenenti, Ninco Nanco, con l’appoggio delle truppe di José Boriès, affrontarono la Guardia Nazionale e l’Esercito Regio, uscendone vincitori. A Stigliano, il convento barocco di Sant’Antonio possiede un crocifisso di padre Umile da Petralia, 1600/ 1639, autentico maestro in questa forma di arte sacra. L’immagine fu protagonista di un miracolo. Il primo ottobre 1656, un fascio luce e un rombo potente inondarono il volto del Cristo che, fino ad allora chinato verso sinistra, si spostò a destra. Nello stesso istante, la peste che aveva decimato la popolazione sparì. La Basilicata è terra che merita e ha bisogno di turismo, a patto che non se ne lasci travolgere. Destino cui sembrano essere destinati i meravigliosi Sassi di Matera.

Appendice: amore e morte, le brigantesse
Le brigantesse (o forse ‘le brigante’, oppure ‘le briganti’) che fecero parte della banda di Carmine Crocco e di quelle a lui collegate, furono protagoniste di intrecci amorosi tutt’altro che limpidi, accompagnati da duelli rusticani e tradimenti. Olimpia, la moglie che Carmine abbandonò per Maria Giovanna Tito (vedi oltre), si consolò con il capobanda Giuseppe Schiavone. Non durò molto, perché Giuseppe si invaghì di Filomena De Marco, ‘in arte’ Filomena Pennacchio, passata al brigantaggio ventiduenne, dopo aver ucciso nel 1863 il gelosissimo e manesco marito. Il legame con Schiavone fu preceduto da brevi love affair con il già citato Ninco Nanco, Donato Tortora e Giuseppe Caruso. Anche Crocco si fece avanti, al punto tale che Caruso lo sfidò a coltello, uscendone sconfitto. Ma nell’ombra tramava Rosa Giuliani. Schiavone l’aveva lasciata per Filomena, e Rosa, nonostante la sua rivale fosse incinta, denunciò l’ex compagno e lo fece arrestare. Prima di venir fucilato, il 28 novembre 1864, Giuseppe chiese all’amata di poterla incontrare un’ultima volta. Pennacchio accettò, e dopo aver abbracciato il suo uomo, si arrese. Maria Giovanna Tito dovette cedere il passo alla vivandiera della banda di Agostino Sacchitiello, quando Carmine se ne innamorò. Pur continuando a militare nella banda di Crocco, si legò a Sacchitiello. Quest’ultimo, insieme al suo luogotenente Francesco Gentile e a Maria Giovanna, fu arrestato su delazione di Filomena. La donna, dopo la morte di Schiavone, aveva patteggiato un sostanzioso sconto di pena se avesse ‘cantato’. A quanto pare, la voce le uscì chiara e forte. Le cronache del tempo ci consegnano poi non pochi casi di briganti che, fatti prigionieri, si rivelarono essere donne e in stato di gravidanza. Nel novembre 1864, Rosa Reginella, della banda Sacchitiello, fu catturata insieme al suo compagno durante un combattimento con la Guardia Nazionale a Bisaccia, Molise. Aveva impugnato il fucile, pur essendo al settimo mese.