Il pacchetto pensioni sarà approvato con la legge di Bilancio in autunno e potrà contare al massimo su una dote di un miliardo e mezzo. La cifra è stata fatta trapelare ieri dalla maggioranza e dal governo. Tra le misure previste, ci sarà l’«anticipo pensionistico», acronimo «Ape»: i nati tra il 1951 e il 1953 potranno andare in pensione anticipata contraendo un mutuo con banche e assicurazioni. Stanziamento: 600 milioni da parte dello Stato. Tutto il resto dovranno metterlo i lavoratori che intendono scegliere questa strada. Dal governo si continua a ribadire che saranno salvaguardate le pensioni basse e i ceti non abbienti. Un modo per indorare la pillola ai sindacati, e in particolare alla Cgil che, dopo le perplessità iniziali, ha fatto capire di non volerne sapere di un prestito lungo 20 anni e dello scambio tra l’indebitamento con le banche e il ritiro anticipato del lavoro. Un’opposizione che non ha intaccato la determinazione del governo nel perseguire il progetto del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini che ha ideato il meccanismo di finanziarizzazione a spese dei lavoratori. Gli interessati a questo esperimento potrebbero essere 350 mila persone nel primo anno di attivazione – il 2017.

Il 4 agosto scorso l’Ufficio parlamentare di bilancio ha analizzato le ragioni e le finalità di una misura che può cambiare il sistema pensionistico italiano in maniera significativa. I tecnici sostengono che con l’Ape «ogni lavoratore sarebbe chiamato a sostenere in prima persona i costi del suo accesso anticipato alla pensione», con l’aiuto statale che scatterebbe solo a favore dei «redditi più bassi». Se non fosse già abbastanza chiaro, l’Ape risulta «meno conveniente per il lavoratore» e comportare «un minore coinvolgimento dei conti pubblici». In pratica: il governo non intende cambiare la riforma Fornero, non ha i soldi per coprire i prossimi esodati che la sciagurata riforma continuerà a produrre a getto continuo. L’Ape serve ad ammortizzare il costo di questo provvedimento facendolo pagare agli ignari lavoratori che desiderano andare in pensione anticipata. Pagando i debiti con le banche finché resteranno in vita. Per salvare i conti non solo è stata allungata l’età pensionabile, come nessuno in Europa; non solo è stata compromessa ancora di più l’occupazione giovanile (15-24 e 25-49 anni); ora si manda in pensione chi ha 63 anni, 3 anni e sette mesi prima rispetto a quanto stabilito dalla legge. A sue spese.

Tra le altre misure previste dal pacchetto governativo ci sono le ricongiunzioni gratuite e l’aumento delle quattordicesime per gli assegni bassi. Nell’ultimo incontro governo-sindacati il ministro del Lavoro Giuliano Poletti aveva assicurato che le risorse che il governo era impegnato a reperire sarebbero state «rilevanti». Si tratta di un «rilevante striminzito», l’ironico commento della Cgil ieri su twitter. La Uil ha fissato a 2,5 miliardi di euro la cifra giudicata più «equa» per le correzioni alla legge Monti-Fornero, l’ampliamento della platea dei lavori usuranti, la gratutità delle ricongiunzioni- «Risorse che possono essere facilmente reperite nelle pieghe di un bilancio che si può giovare degli eccezionali risparmi realizzati sulla previdenza» sostiene il segretario confederale della Uil Domenico Proietti. «Mettere solo 1,5 miliardi sarebbe iniquo» ha ribadito il segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli. L’annuncio del governo sembra essere fatto apposta per saggiare la risposta dei sindacati che torneranno a sedersi al tavolo della concertazione «nei prossimi giorni». Per Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione Lavoro alla Camera, le risorse da mettere sulle pensioni ammontano ad almeno 2 miliardi di euro se si vogliono anche affrontare i problemi della No tax area e della quattordicesima per i pensionati e delle ricongiunzioni gratuite.