Se per il governo Di Maio tiene aperti i due forni e offre un «contratto» anche al Pd, per la scelta degli incarichi parlamentari continua a rivolgersi solo a destra. Così il presidente della commissione speciale del senato viene eletto con i voti dei grillini, della Lega e di Forza Italia ed è ancora una volta una casella destinata ai 5 Stelle. A guidare la commissione unica del senato, quella che dovrà esaminare i provvedimenti urgenti del governo dimissionario, sarà Vito Crimi. Scelto sulla base delle convenienze interne al gruppo grillino, dal momento che il rispetto della prassi parlamentare avrebbe ugualmente assegnato la presidenza ai 5 Stelle, ma a una senatrice. Barbara Lezzi era infatti la candidata naturale, in quanto vicepresidente uscente della vecchia commissione bilancio mentre l’ex presidente (era del Pd) non è stato rieletto. Invece i grillini non hanno indicato Lezzi tra i nove componenti della commissione, aprendo così la strada a Crimi, rimasto fin qui fuori dalla distribuzione degli incarichi (nel gruppo e nell’ufficio di presidenza di palazzo Madama). Hanno votato per lui anche dieci senatori del centrodestra, cinque di Forza Italia e cinque della Lega, mancherebbero al conto solo i due voti dei commissari di Fratelli d’Italia (che hanno ricevuto uno sgarbo simile da M5S in fase di elezione dell’ufficio di presidenza della camera).
Ai grillini la presidenza con Crimi, a Forza Italia e Lega le due vicepresidenze (Caliendo e Rivolta), a Fratelli d’Italia un segretario (Fazzolari) e un segretario soltanto al Pd (Malpezzi). Tanto che il capogruppo dei democratici Marcucci, renziano e sostenitore della chiusura netta ai 5 Stelle, ha parlato di «comportamento gravissimo», «delirio di onnipotenza» e «concezione proprietaria delle istituzioni». Crimi ha risposto che «non si tratta di mancanza di democrazia ma semplicemente del rispetto delle volontà espresse dagli elettori». D’altra parte anche il Pd si rifiuta di avviare trattative con i grillini, ed è allora possibile che finisca nello stesso modo anche martedì prossimo alla camera, quando bisognerà scegliere il presidente dell’analoga commissione speciale. La prassi di indicare il presidente uscente della commissione bilancio a Montecitorio potrebbe essere rispettata, perché il dem Boccia è stato rieletto. Si tratta per di più di un esponente della corrente Emiliano, quella dialogante con i grillini. «La prassi direbbe questo – ha detto ieri proprio Boccia – con i 5 Stelle c’è stima reciproca, loro mi stimano per il lavoro fatto nella scorsa legislatura e io apprezzo alcune cose che abbiamo fatto insieme». Ma per la tenuta dell’intesa con la destra, alla camera i 5 Stelle dovranno ricambiare il favore eleggendo, prevedibilmente, un presidente della Lega.
Le commissioni permanenti verranno elette una volta che saranno definite maggioranze e minoranze, quindi dopo il voto di fiducia al governo. Intanto la commissione speciale dovrà occuparsi del Def. Documento che il governo Gentiloni è orientato a presentare in versione minimale, un puro rendiconto, non potendo proporre nuove misure dal contenuto politico. L’economista eletto con i 5 Stelle Fioramonti, indicato da Di Maio come ideale ministro dello sviluppo, ha detto invece ieri che il Def «rappresenta un’opportunità cruciale per inserire alcuni punti del nostro programma nel processo di preparazione della legge di bilancio». Ma sui punti, se non sulle poltrone, qualche problema con la destra potrebbe sorgere.