Subito dopo le elezioni, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, parlando di pensioni ha affermato di «non essere d’accordo con una diminuzione dell’età pensionabile, ma piuttosto con un graduale aumento». Secondo il ministro del governo Renzi, nel paese in cui in questi anni, da parte dei precedenti esecutivi, sono state introdotte le peggiori norme pensionistiche di tutta Europa, sarebbe ancora possibile intervenire per peggiorarle. Affermazioni gravi ed irresponsabili, considerando la situazione del paese, dove i disoccupati continuano ad aumentare e quasi un giovane su due non trova lavoro. Così facendo non si risolve nulla, ma si peggiora quanto di negativo oggi c’è.
Sulle pensioni le parole del ministro confermano una sola novità da parte di questo governo rispetto ai precedenti; la furbizia di parlare dopo le elezioni e non prima, come spesso accaduto, ma la logica e la sostanza non cambiano.

La crisi non la si affronta con le solite fallimentari ricette che colpiscono il mondo del lavoro: il diritto ad andare in pensione con una retribuzione dignitosa dopo un numero congruo di anni deve essere garantito. Lo stato sociale ed i diritti dei lavoratori hanno rappresentato e rappresentano la miglior forma di progresso civile. Se questo governo intende realmente cambiare segno alle politiche precedenti, proponga investimenti pubblici e una riduzione degli orari di lavoro.
A breve scadranno anche gli ammortizzatori sociali quali la Cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, cosa che comporterà un ulteriore aumento dei disoccupati, che si andranno ad aggiungere agli oltre 9 milioni di persone in difficoltà per le carenze di lavoro o per la precarietà. Il paese sta sempre più aumentando i livelli di diseguaglianza e spetta allo stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono alle persone di essere uguali, come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione.

Dopo la liberalizzazione del mercato del lavoro attraverso il decreto Jobs Act, il rischio di nuove manovre sulle pensioni, la disoccupazione e la disuguaglianza dilagante che rischiano di mettere in discussione la stessa democrazia formale, è necessario che la Cgil cambi passo e avvii una vertenza generale, avendo un proprio progetto autonomo e lottando per realizzarlo nell’interesse dei lavoratori, disoccupati, precari e pensionati.

Bisogna cercare allora una strategia per affrontare le trasformazioni di un’epoca così traumatica che sta investendo interi segmenti di popolazione. È una sfida, quella che riguarda il mondo del lavoro, prima vera emergenza nazionale, che va colta subito e senza indugi, contrastando le politiche del Moloch del pensiero unico, che vedono nel neoliberismo e nell’austerity le uniche forme possibili di declinazioni per restare a galla.

Serve altresì avviare una discussione democratica interna sul ruolo del sindacato, che non deve ingerirsi in questioni di calcolo e di alchimia partitica, ma deve concentrarsi sulla perdita del potere delle retribuzioni, sui contratti di solidarietà, sulle misure a sostegno dei licenziamenti.
Su questi temi un sindacato autorevole, che non teme di essere subalterno rispetto alla politica, deve far sentire la propria voce, senza esitazioni, rivendicando anche la creazione di lavoro vero, non precarizzato in forme permanenti, senza nulla cedere sul piano della legalità, come purtroppo potrebbe avvenire per Expo 2015.

Le strade seguite da altri paesi (Germania in primis) indicano che si può addivenire anche ad un progressivo decremento dell’età pensionabile, nonché alla rimodulazione della Legge Fornero, che ha dimostrato tutte le sue falle, con la creazione di un esercito di esodati e l’allontanamento di fasce sempre crescenti di giovani dal tessuto occupazionale e produttivo che dovrebbe fare da spina dorsale al sistema paese. Il governo individui piuttosto le giuste coperture finanziarie per non eludere il problema ed eviti di fare cassa massacrando lo stato sociale, com’è stato fatto in passato.

Mirco Rota è segretario generale Fiom Cgil Lombardia
Massimo Braccini è segretario generale Fiom Cgil Toscana