In queste settimane abbiamo studiato il discorso diretto e indiretto e abbiamo parlato anche delle interviste. Mi dite quello che ricordate? Quello che avete imparato?

«Io ho imparato che nel discorso diretto si sente proprio la voce di chi parla, quello che dice veramente, le sue parole precise. Invece nel discorso indiretto non si sente bene». «Nel discorso diretto ci vogliono due punti, aperte le virgolette e lettera maiuscola, poi bisogna chiudere le virgolette e mettere punto. Invece in quello indiretto non ci sono le virgolette e i due punti e la lettera maiuscola». «Io ho capito che un’intervista è un insieme di domande e risposte. Chi fa la domanda si chiama intervistatore, chi invece dice le risposte è l’intervistato». «Io ho capito che per cambiare dal discorso diretto al discorso indiretto ci vuole una parolina magica. Le paroline magiche sono tre: che, se o di. Se ci sono le paroline magiche, naturalmente non ci sono i due punti e le virgolette». «Poi non ci potrebbero neppure essere». «Però nelle interviste c’è solo il discorso diretto, non c’è quello indiretto. Perché le voci si devono sentire bene. Si deve sentire quello che dice. Quello che dicono tutti quanti. Parola per parola». «A me è piaciuto quando abbiamo fatto i fumetti perché poi il discorso diretto è come… Insomma, sono proprio le parole che abbiamo scritto nella nuvoletta del fumetto. Solo che invece delle virgolette abbiamo fatto la nuvoletta perché i disegni sono così, i fumetti sono così, non hanno le virgolette, sono come dei disegni con le parole in mezzo. Però nella nuvoletta è meglio se scrivi in stampato maiuscolo perché altrimenti non si capisce bene cosa dice».

E le interviste impossibili avete capito cosa sono? «Sì. Sono le interviste che non si potrebbero fare, ma tu le fai ugualmente». «Sono interviste finte, perché poi devi fare tu non solo le domande, ma devi anche scrivere le risposte, devi immaginartele». «Le interviste impossibili sono delle interviste agli uomini di tanto tempo fa, ai morti. Allora tu come fai? Come fanno i morti a risponderti, se loro sono morti? Non parlano! Allora tu devi far finta che sono ancora vivi e ti immagini cosa rispondevano alla domanda. È un po’ un inganno, l’intervista impossibile». «Oppure no, oppure sono delle interviste immaginarie, delle interviste a dei personaggi immaginari. Come Biancaneve, Cenerentola, Pinocchio, i personaggi delle fate, i protagonisti. Perché loro non esistono veramente e perciò anche loro, come i morti, non possono rispondere, allora la loro risposta te la immagini sempre tu, te la devi immaginare sempre tu e poi scriverla. Non solo devi fare le domande, devi fargliele, dopo ti tocca fare anche le risposte perché loro non sono morti, ma non possono parlare, non esistono veramente, altrimenti glielo chiedevi e facevi prima». «Però nelle interviste immaginarie puoi anche scrivere delle risposte più corte, così fai prima a scrivere».

Delle interviste impossibili ai personaggi delle fiabe quale domande e quale risposta vi sono piaciute di più? «A me è piaciuto quando ho chiesto a Cenerentola che numero portava di scarpe e lei ha risposte 32 perché io era da tanto che volevo chiederglielo». «A me è piaciuto quando Pinocchio mi ha risposto che a lui piace dire un po’ le bugie anche adesso che è un bambino come noi perché a lui dire le bugie, un po’, gli piace. Io me lo immaginavo che rispondeva così anche perché la risposta me la sono inventata io». «A me è piaciuto quando cappuccetto Rosso mi ha detto che poi è diventata amica del lupo perché non mi piaceva che erano sempre nemici e si uccidevano tutti, in quella favola». «A me è piaciuto anche quando Cappuccetto Rosso ha risposto che nella pancia del lupo con la nonna era un po’ buio ma non si stava male perché era in compagnia con sua nonna». «A me è piaciuto quando Pinocchio ha detto che lui, il vero nome, si chiamava Paolo». «Anche a me è piaciuto quando Cappuccetto Rosso ha detto che è diventata amica del lupo e adesso giocano insieme. Però mi sarebbe piaciuto anche chiederlo al lupo, fare un’ intervista al lupo».