La scorsa settimana la Dáil Éireann, il ramo principale del parlamento irlandese, ha votato a larga maggioranza a favore di un progetto di legge che, se confermato, porterebbe alla messa al bando delle importazioni dei beni prodotti nei Territori palestinesi occupati da Israele.

Il provvedimento, osteggiato dal governo di minoranza guidato dai conservatori del Fine Gael, ha ottenuto il supporto di tutti i partiti di opposizione, da una serie di organizzazioni della società civile e dai sindacati. Se la misura dovesse passare indenne le ulteriori fasi di emendamento sarebbe la prima volta che il parlamento di un paese Ue approva una legge per proibire il commercio di beni dalle colonie israeliane.

Al momento la legislazione europea prevede soltanto che questi beni ricevano un’etichettatura che ne specifichi la provenienza. Niall Collins, relatore del provvedimento e membro del partito di centrodestra Fianna Fáil, ha notato a sostegno della legge che «le condanne ripetute da parte della Ue e di molti nella comunità internazionale non abbiano avuto effetto nel dissuadere Israele dal continuare il suo progetto di insediamenti».

Per Frances Black, indipendente e relatrice del progetto al senato, «l’Irlanda sarà sempre a favore del diritto internazionale e dei diritti umani». Il sostegno trasversale ricevuto dal disegno di legge conferma le storiche simpatie per la causa palestinese all’interno della società irlandese.

Come nel 2015, quando la Commissione europea aveva confermato la necessità di un’etichettatura specifica per i beni prodotti nei terrori occupati, la reazione israeliana è stata durissima. Il governo ha convocato l’ambasciatrice irlandese a Tel Aviv minacciando severe ripercussioni nelle relazioni fra i due paesi. Una delegazione della Knesset ha poi annullato una visita prevista per marzo.

Il ministro dell’economia Eli Cohen ha ventilato una serie di misure di rappresaglia se il testo diventasse legge, fra cui una tassa sull’import di beni irlandesi e la revisione di trattati commerciali. Una dimostrazione del nervosismo del governo israeliano per il possibile propagarsi di iniziative simili in altri paesi.

Il governo irlandese ha comunque annunciato che non intende applicare la legge, trincerandosi dietro al fatto che la politica commerciale è di competenza esclusiva della Ue.