Nel VI Canto del Purgatorio Dante lancia un grido di dolore: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!». Il riferimento è ad un’Italia del ‘300 divisa tra guelfi e ghibellini, Capuleti e Montecchi, Monaldi e Filippeschi e così via. Ma oggi il detto dantesco si può riferire alla situazione in cui si trova non solo l’Italia e l’Europa ma l’intero genere umano che rischia di essere cancellato dalla vita del pianeta.

Mentre infuriano le tragedie dell’immigrazione, specie nel Mediterraneo, suscitate in gran parete dai conflitti che imperversano nei paesi come l’Iraq, l’Afganistan, la Siria, l’Egitto, la Libia ed ora l’Ucraina interessati dallo sfruttamento delle risorse di idrocarburi e al loro trasporto, l’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) organo dell’Onu ha pubblicato tra la fine del 2013 e il marzo 2014 il suo V rapporto sul clima.

Con il I rapporto di 25 anni fa questa istituzione, che si avvale di oltre 2500 scienziati e centri di ricerca in tutto il mondo, aveva avviato il processo che portò, quasi dieci anni dopo, l’11 dicembre 1997, agli accordi di Kyoto, firmati da Clinton ma non approvati dal Congresso americano e successivamente disdetti da George Bush jr.

Il 16 febbraio del 2005 per una felice iniziativa della Ue anche la Russia di Putin e i paesi a lei vicini firmarono il trattato facendo raggiungere il quorum necessario per la sua entrata in vigore. La Russia che aveva avuto un tracollo industriale pauroso dopo la caduta del muro di Berlino, era allora al di sotto dei limiti di Kyoto. In piena epoca neoliberista, questi accordi imponevano comunque vincoli e interventi pubblici per ridurre le emissioni di Co² nell’atmosfera e sviluppare le energie rinnovabili in sostituzione di quelle fossili.

Dall’obbligo di rispettare i limiti erano esclusi i paesi in via di sviluppo. In queste condizioni gli effetti sono stati insufficienti a bloccare l’aumento delle emissioni climalternanti. Il V rapporto dice, infatti, che nei primi dieci anni del secolo il loro incremento è stato tale da anticipare al 2030 rispetto al 2050, come previsto nel I rapporto, il raggiungimento del punto oltre il quale non sarà più possibile limitare il riscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi e le conseguenze in termini di vite umane e di costi per l’economia mondiale diventeranno incalcolabili.

Già fin da ora si susseguono eventi catastrofici. Ad esempio nei primi mesi del 2014 correnti gelide dell’Artico hanno bloccato sotto una coltre di ghiaccio New York e la zona circostante, provocando la chiusura di tutte le scuole e le università, delle fabbriche, la cancellazione di decine di migliaia di voli e l’allagamento di metropolitane e ferrovie sotterranee con il risultato che il Pil americano, in crescita negli ultimi mesi del 2013 per oltre 2,6%, è sceso sotto il 2,9%.

Stiamo vivendo da tempo, infatti, il drammatico passaggio dalla stabilità all’instabilità climatica.

La Ue si è adeguata, coi suoi tre 20-20 e 20, agli obblighi di Kyoto. Negli ultimi anni, però, si è registrata nella Ue una involuzione nei riguardi del problema ambientale, con direttive e scelte politiche di stampo neoliberista e con l’affermarsi di un’austerity, i cui nefasti effetti generali cominciano finalmente a essere oggetto di critiche e di proposte alternative.

In particolare, è stata imposta agli stati membri la privatizzazione di quegli enti pubblici energetici (in Italia Enel ed Eni) che in passato avevano permesso lo sviluppo industriale del miracolo economico. Queste direttive sono state sostenute in Italia sia dal governo Berlusconi sia da Monti e Letta ed ora da Renzi. Malgrado il grande successo del 2011 in cui l’adozione in Italia del sistema degli incentivi per le energie rinnovabili tedesche (in Germania lo stesso pannello produce poco più della metà di quanto può produrre in Italia specie meridionale) avesse portato al raggiungimento del primo posto nel mondo con 9.000 MW di potenza FV istallata, si è arrivati a proporre, non solo il blocco degli incentivi, ma addirittura condizioni di favore per ricerche di idrocarburi e per sostenere le raffinerie e le centrali elettriche moltiplicatesi a seguito della privatizzazione fino a superare il doppio del fabbisogno nazionale.

L’ex ministro del governo Monti, Corrado Clini, autore di questi provvedimenti ma soprattutto per 25 anni, dai tempi di Craxi, onnipotente direttore generale del ministero dell’ambiente, è stato sottoposto ad arresti domiciliari e a procedimenti giudiziari analogamente a quanto avvenuto poi per l’Expo e per il Mose.

Di tutti questi fatti, e questo è l’aspetto più grave, i mass media sottoposti al controllo dei monopoli delle energie fossili e delle banche che finanziano le loro avventurose imprese, e purtroppo tutte le forze politiche che hanno partecipato ai congressi dei partiti come in Italia e alle stesse elezioni europee non hanno dato queste notizie all’opinione pubblica nazionale ed europea. Questa censura ha colpito persino i discorsi del Presidente Obama le cui proposte ambientaliste sono state bocciate da una maggioranza dei rappresentanti del senato e della camera sia repubblicani sia della destra del partito democratico.

Bisogna cambiare strada e rompere l’omertà su questi temi, che toglie informazione e possibilità di scelta ai cittadini! Serve urgentemente una strategia energetica che permetta di scongiurare i pericoli denunciati dal V rapporto dell’Ipcc. Occorre a livello nazionale una mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche perché nuovi obiettivi vincolanti per il 2030, siano promossi. Perché il Governo si adoperi in questo senso con un ruolo di coordinamento e di supporto economico-industriale. Perché ogni amministrazione pubblica, ente o istituzione, come anche ogni azienda, fino alle singole famiglie sia messa in grado di promuovere l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, con l’obiettivo quantitativo di raggiungere il 100% di sostituzione dei fossili a partire dal comparto elettrico e con quello, qualitatitivo, di decisioni in campo energetico sempre più vicine ai cittadini o da loro stessi praticate, fino all’autogestione.

Occorre poi a livello europeo porre al centro del progetto del nuovo governo della Ue l’affermazione contenuta nell’appello del 2012 dal titolo: Per l’Europa! – Manifesto per una rivoluzione unitaria del Verde Daniel Cohn-Bendit e del liberale Guy Verhofstadt, presidente del gruppo Alleanza dei Democratici, che di fronte all’attuale crisi, esorta a «non affidiamoci solo al rigore di bilancio, e investiamo ugualmente in una nuova crescita. La sola austerità non ci farà mai uscire dalla crisi. Una trasformazione completa del nostro modo di produzione sarà il motore della nuova crescita europea. Una crescita che oggi dipende per intero dai combustibili fossili. La crescita del futuro dovrà, al contrario, basarsi sulle energie non fossili…».

Affermazioni che il V rapporto dell’Ipcc rafforza.

La scelta dei socialisti di appoggiare il democristiano Juncker a Presidente della Commissione ha invece cancellato dal programma la questione ambientale.