«Le scriviamo riguardo alla sola e unica decisione che possa aprire una nuova era per l’Algeria, dove gli interessi del paese saranno messi davanti agli interessi degli uomini: la sua rinuncia al quinto mandato presidenziale consecutivo».

Questa la lettera firmata da numerose personalità politiche, accademiche e della società civile algerina e inviata al presidente della repubblica, Abdelaziz Bouteflika, sulla sua scelta di candidarsi alle prossime presidenziali del 2019.

Bouteflika, 81 anni di cui 18 alla guida del paese, è stato colpito da un infarto che dal 2013 lo ha costretto sulla sedia a rotella e solo nell’ultimo mese è riapparso in pubblico dopo oltre due anni di assenza. Pur non essendosi ancora espresso esplicitamente riguardo alla sua possibile candidatura, l’anziano presidente ha ricevuto l’appoggio del suo partito, il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln), e un nuovo endorsement da parte del premier Ahmed Ouyahia, segretario dell’altro partito di maggioranza, il Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd).

Un sostegno che è diventato certezza ieri con il voto del consiglio nazionale del Rnd per sancire il pieno appoggio al quinto mandato presidenziale di Bouteflika, simbolo della riconciliazione nazionale. «Sono fiero di constatare che il nostro partito intenda confermare Abdelaziz Bouteflika – ha affermato nel suo discorso conclusivo Ouyahia – nella sua missione e nel suo sacrificio per il bene e la sicurezza dell’Algeria».

Proprio riguardo alla sicurezza nazionale e al pericolo del terrorismo di matrice jihadista, sempre presente nel paese, punta tutta la vecchia nomenclatura politica di governo per riconfermare l’anziano presidente e mantenere uno status quo considerato ormai deleterio e nocivo da tutte le forze politiche di opposizione.

«Di cosa ha bisogno il paese oggi? – ha dichiarato sul quotidiano Liberté-Algerie Louisa Hanoune, segretaria del Pt, Partito dei Lavoratori (sinistra algerina) – Di cambiare e rinnovare una classe politica che ha fatto il suo tempo: a partire dalla presidenza della repubblica».

Il più grande paese del continente africano vive un lungo periodo di crisi e le presidenziali si terranno in un contesto sociale ed economico particolare. Il calo del prezzo del petrolio ha costretto il governo a misure di austerità con l’aumento dei prezzi di alcuni generi di prima necessità. Pur di preservare la pace sociale, con una situazione già abbastanza esplosiva, il governo di Ouyahia ha mantenuto un sistema di sovvenzioni e aiuti di Stato per gli strati più poveri della popolazione che costano oltre 10 miliardi di dollari l’anno.

Nonostante i sussidi statali, le tensioni sono sempre più accentuate. La riduzione dei proventi delle esportazioni, la disoccupazione in aumento e la riduzione delle riserve in valuta estera hanno comunque dimezzato in pochi anni il valore del dinaro algerino. Piccole rivolte e manifestazioni di protesta sono ormai quotidiane in Algeria come quella di medici e insegnanti in sciopero da diversi mesi.

Ultimo elemento di crisi è l’ascesa dell’islamismo radicale tra i giovani: secondo l’intelligence, ci sarebbero circa 800 giovani sul territorio nazionale sospettati di essere affiliati a qualche organizzazione estremista: da Al Qaida nel Maghreb al Gruppo Islamico Armato o allo stesso Daesh.

«Sicuramente – conclude Hanoune – la soluzione dei problemi algerini non sarà l’ennesima elezione di Bouteflika, un ritorno al passato per nascondere i disastri di questi ultimi anni di governo».