Enrico Letta al G8 contava di trovare in Barack Obama un alleato nel tentativo di convincere la Cancelliera tedesca Angela Merkel a fare di più per il lavoro e la crescita in Europa. Al contrario il Presidente del Consiglio si è ritrovato ad aiutare a Obama che gli «ha chiesto una mano» per risolvere le tensioni in Libia. Letta ha tirato fuori «il piano italiano per la Libia», quello che illustrerà al premier Ali Zeidan durante l’incontro a margine dei lavori del G8. Richieste di aiuto che sono segno di impotenza e conseguenza di una delle recenti «guerre democratiche e umanitarie» che abbiamo visto tra Nordafrica e Medio oriente. A due anni di distanza dalle bombe sganciate dagli aerei della Nato sulla Libia, per provocare il crollo di Moamar Gheddafi, il Paese nordafricano resta gravemente instabile sotto l’autorità degli insorti vittoriosi. Non passa giorno senza che da Bengasi e Tripoli arrivino notizie di agguati mortali, attacchi sanguinosi a caserme ed edifici governativi da parte di gruppi armati non meglio identificati. Un caos continuo, imposto dagli interessi dei gruppi di potere. Stessa sorte potrebbe toccare alla Siria se non sarà avviato un negoziato credibile per la soluzione della guerra civile e Obama, oltre a fornire crescenti quantitativi di armi ai ribelli, si farà prendere dalla tentazione di imporre una “no-fly zone” allo scopo di provocare la caduta di Bashar Assad.

Al G8 nordirlandese la Siria è una delle priorità imposte da Obama. Non per «contribuire al rilancio della conferenza internazionale di pace», la cosiddetta Ginevra 2, come ieri sperava il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompy e sollecitava Papa Francesco che ha scritto al padrone di casa David Cameron «auspicando» un contributo del summit per un «cessate il fuoco» e per portare «tutte le parti» al tavolo dei negoziati. Piuttosto al G8 gli Usa intendono raccogliere da dagli alleati risorse e aiuti militari per i ribelli anti-Assad, quindi per continuare la guerra civile. Durante l’incontro con Letta, Obama si è detto molto preoccupato per il presunto «uso di armi chimiche» da parte del regime, non provato da fonti indipendenti ma sufficiente per mettere in moto la macchina bellica americana. Il sogno nel cassetto del presidente Usa è l’imposizione di una “no-fly zone” sulla Siria e la creazione di una zona cuscinetto al confine con la Giordania per favorire l’ingresso illimitato e senza pericolo dei ribelli (addestrati nel regno hashemita) e le armi necessarie per sconfiggere l’esercito governativo.

Ieri perciò i riflettori erano puntati sull’atteso faccia a faccia tra Obama e il presidente russo Putin che domenica a Londra, durante l’incontro con Cameron, ha ripetuto senza mezzi termini: niente armi «a chi mangia le viscere dei suoi nemici». «Penso che non negherete che non c’é davvero necessità di sostenere gente che non solo uccide i propri nemici, ma squarta i cadaveri e mangia i loro intestini di fronte al pubblico e alle camere», ha detto Putin a Cameron, accanito sostenitore di un intervento militare internazionale in Siria. Il riferimento del presidente russo è al video che immortala un ribelle che apre il petto di un cadavere ed estrae un organo, presumibilmente un polmone, e lo addenta, diffuso settimane fa dai media internazionali. «Le nostre differenze sono profonde», ha quindi ammesso l’inquilino di Downing Street. Mosca ha più volte ripetuto negli ultimi giorni il presunto impiego di armi chimiche in Siria rimanda alla memoria le “prove” sulle armi di distruzione di massa che aprirono la strada all’invasione anglo-americana dell’Iraq di Saddam Hussein nel 2003. Ieri il ministero degli esteri russo ha ribadito che non sarà mai data l’approvazione alla “no-fly zone”.

Qualche ora prima del confronto tra Obama e Putin, l’ennesima autobomba ha fatto venti feriti e un numero imprecisato di morti in un posto di blocco vicino a un aeroporto militare di Damasco. Martedì scorso due attacchi suicidi a un commissariato hanno fatto almeno 14 morti e oltre 30 feriti.