Invece di ricordare come il pasticcio su Astrazeneca, inizialmente destinato al personale scolastico e poi vietato, abbia bloccato per mesi il completamento della vaccinazione, è scattata la caccia a chi tra i docenti e Ata non intenderebbe farsi vaccinare. Ieri il generale degli alpini Francesco Figliuolo ha ribadito con toni impositivi quanto già scritto il 25 giugno scorso e ha chiesto l’elenco di tutti coloro che tra il personale scolastico non possono o non vogliono vaccinarsi entro il 20 agosto. Invece di ricordare quanto accaduto, e ribadire l’impegno del governo e delle sue strutture a recuperare il tempo perduto, la comunicazione ha dato un contributo al clima punitivo e vagamente minaccioso scelto per spingere i docenti, e non solo loro, a vaccinarsi. Si scaricano cioè gli effetti prodotti dal caos scientifico e organizzativo su Astrazeneca sulle spalle degli individui sospettati di non volersi vaccinare. Uno straordinario contributo alla polarizzazione tra «Si vax» e «No vax» al quale tende il governo neoliberale della pandemia. L’alternativa sarebbe quella di fare appello in maniera non ambivalente, né bastone né carota, alla solidarietà e all’interesse collettivo per garantire la più ampia immunizzazione tra chi lavora nelle scuole.

I dati. Questa, a ieri, era la situazione nelle scuole italiane: l’85% del personale ha ricevuto la prima dose mentre è totalmente immunizzato il 78,20%. Un ottimo risultato che dimostra chiaramente la volontà della maggioranza assoluta del personale scolastico di vaccinarsi. Il dato sembra politicamente irrilevante. Ci si concentra invece su quello dei non vaccinati: 221mila, solo il 15,15%. Queste persone non hanno ricevuto nemmeno una dose anti-Covid. Ieri il ministro della Salute Speranza ha provato, flebilmente, a sottolineare la sproporzione del dibattito in corso: «La percentuale di personale scolastico che ancora non si è vaccinata è residuale». L’appello non sembra essere destinato a grande successo. C’è un altro dato sul quale il governo, e il suo commissario, potrebbero riflettere: negli ultimi sette giorni, mentre cresceva la campagna contro chi non intenderebbe vaccinarsi, hanno ricevuto un vaccino meno di duemila tra docenti e Ata. Quello che potrebbe essere un problema organizzativo tende a essere trasformato in una presunta volontà di chi non è stato vaccinato a non essere vaccinato.

In Sicilia quasi uno su due non ha ricevuto nemmeno una dose (60.540, il 43,24%), in Calabria il 31,95%, in Liguria il 34,77%, nella provincia di Bolzano il 38,17% e in quella di Trento il 23,33%, in Sardegna (33,34), in Umbria (24,97). Casi virtuosi: Friuli-Venezia Giulia e Campania, Lazio e Molise che hanno rispettivamente zero (le prime due); le altre 144 e 15 persone.

Su queste basi è cresciuto il discorso sull’obbligo vaccinale al personale scolastico, materia che non rientra nel prossimo decreto legge sul Green pass nei luoghi affollati. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha detto che, se entro il 20 agosto, la «categoria» non avrà risposto «in maniera convinta all’invito a vaccinarsi» sarà «valutata l’ipotesi dell’obbligo vaccinale». Ma non ha chiarito perché ci sono meno di duemila vaccinazioni al giorno. Il ministero dell’Istruzione, in una nota esplicativa con le indicazioni del Cts, sostiene che la vaccinazione «appare eticamente doverosa la vaccinazione del personale scolastico». Il Cts parla di «obbligatorietà in casi di emergenza».

Figliuolo ieri ha affrontato un’altra questione. Se si vuole tornare in presenza in classe da inizio settembre ad essere vaccinati dovrebbero essere anche gli studenti. Come il Cts il generale intende dare «priorità» a quelli «di età uguale o superiore ai 12 anni».Sarà il caso di procedere, mancano meno di sei settimane e l’impresa sembra proibitiva. Se così fosse non sarebbe male evitare agli studenti la strategia usata sui docenti. E manca un orientamento sul distanziamento o sulle mascherine in classe. Il rischio è prendere decisioni a ridosso del 1 settembre.

Il governo, ha detto ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi, affronterà il problema dell’obbligo vaccinale a scuola a partire dalla prossima settimana, insieme alla questione trasporti e a quella del «Green pass» sui luoghi di lavoro. Anche in questo caso l’obbligo presenta alcuni rilevanti problemi costituzionali, oltre che di privacy. Draghi ha detto che coinvolgerà nella discussione i sindacati, dopo che Confindustria ha manifestato le sue intenzioni tramite una mail della sua direttrice generale.