Non si era capito bene. Certo, il taglio di 150 milioni resta. Ma se anche la Rai deve fare la sua parte di «sacrifici», «credo non sia stato compreso che il tutto deve avvenire con un processo di riforma», spiega Debora Serracchiani. Riforma è la parola magica che ora giustifica la cura dimagrante imposta a viale Mazzini con il decreto Irpef. E la riforma è proprio quella che ha chiesto a Renzi, per avviare un dialogo, il sindacato Usigrai che, insieme alla Federazione nazionale della stampa, cerca ora di raffreddare lo scontro con il governo e contro il pesante e sempre più affollato carro renziano.

Rispetto allo sciopero dell’11 giugno tante perplessità sono infatti state sollevate anche dentro i palazzi della tv pubblica. «Dopo la fase di tensione – dicono ora il segretario dell’Usigrai Vittorio di Trapani e quello della Fnsi Franco Siddi – si sta creando quel filo di dialogo indispensabile al rilancio del servizio pubblico. In questa direzione va la dichiarazione del vice segretario del Pd, Serracchiani, che perfettamente coglie che il contesto più proficuo per superare il muro contro muro è quella della riforma dell’intero sistema». I sindacati apprezzano anche quanto affermato da Salvatore Margiotta, vice presidente della commissione di vigilanza, Pd, che ricorda di aver sempre sostenuto la necessità di anticipare al 2014 la discussione sul rinnovo della concessione tra Stato e Rai (prevista per il 2016), come chiedono i sindacati per affontare «compiti, fini e missione del servizio pubblico». Usigrai e Fnsi sollecitano dunque l’apertura formale della discussione alla quale «si è detto pronto il sottosegretario alle Comunicazioni, Giacomelli». E chiedono anche al governo «di recepire le indicazioni delle istituzioni europee in materia di conflitto di interesse, di normative antitrust e di autonomia del servizio pubblico da ogni indebita interferenza».

Il sottosegretario con delega alle comunicazioni Antonello Giancomelli sarà pure pronto alla discussione, ma non si mostra molto malleabile: «La linea del governo non cambia, non ci faremo dettare l’agenda da nessuno», dice rispetto allo sciopero e alla sua eventuale revoca. E aggiunge, «apriamo un confronto con tutti, perché la Rai appartiene a tutti e non solo agli addetti ai lavori».

Il governo comunque potrebbe presentare nella commissione bilancio del senato, un emendamento che mantiene l’obbligo per la Rai di una sede in ogni regione, come previsto dall’emendamento Margiotta, consentendo però all’azienda una radicale riorganizzazione per tagliare i costi. Ma secondo il viceministro dell’economia Enrico Morando l’autonomia finanziaria delle sedi regionali prevista per legge dalla Gasparri è «una stortura».