Oggi i commissari europei incaricati di seguire il caso italiano, Dombrovskis e Moscovici, informeranno la commissione sullo stato delle cose. Un passaggio informale, senza decisioni di sorta. Per quelle bisognerà aspettare il 2 luglio, quando la commissione è convocata a Strasburgo. La richiesta formale di avvio della procedura partirà di lì. In mezzo ci sarà la proposta italiana, formalizzata dal consiglio dei ministri convocato per domani con all’ordine del giorno la legge di assestamento del bilancio. Da palazzo Chigi usciranno le cifre che l’Italia è pronta a mettere sul piatto della bilancia a copertura del deficit.

SONO LE CIFRE che vorticano da giorni in una specie di corsa a ramazzare ovunque quanto possibile. I due miliardi di tagli alla spesa «congelati» nella precedente legge di bilancio. Il miliardo e passa che dovrebbe essere incassato dal risarcimento dovuto dalla Kering. Gli introiti, effettivamente cospicui, della fatturazione elettronica. I dividendi extra delle partecipate, inclusi 800 milioni dalla Cassa depositi e prestiti. Non sarà invece certificato il risparmio sulla spesa prevista per Quota 100 e RdC. Mancano ancora sei mesi, che potrebbero sulla carta sballare le previsioni. Il nuovo presidente Inps prevede, sulla base della prima metà dell’anno, 3 miliardi.

LA GIRANDOLA DI MILIARDI che ruota intorno a Tria è vertiginosa: impossibile quantificare con precisione fino a domani sera. Ma alla fine se i 9 miliardi necessari per coprire lo scostamento del deficit sia del 2019 che del 2020 non ci saranno tutti, il governo ci andrà almeno molto vicino. Probabilmente non servirà a niente. Non è quello l’obiettivo della commissione. La richiesta reale va persino oltre l’adozione di misure strutturali (e la racconta fondi del governo certo strutturale non è, essendo basata solo su introiti una tantum). Mira a imporre un percorso obbligato e scritto a Bruxelles di riduzione del debito drastica, a partire dalla prossima legge di bilancio. Probabilmente passerà la linea più morbida e al governo verranno dati 6 mesi per varare la prima delle leggi di bilancio draconiane invece di 3, come vorrebbe Dombrovskis. Di politica la commissione non parla e non parlerà. Ma che la posta in gioco non sia solo il percorso a tappe forzate per rientrare nei conti ma anche la mazzata politica inflitta al governo «sovranista», a scopo di profilassi, è palese. Se la richiesta verrà accolta dal Consiglio Ecofin il 9 luglio, come è probabile ma non certo, la mazzata sul governo e sulla maggioranza sarà pesante. Si abbatterà su una compagine già fragilissima.

SALVINI MIRA ad anticipare la legge di bilancio: mossa che suona piuttosto come anticipo di crisi. Il leader della Lega non deroga sulla Flat tax e sa perfettamente che, se gli ostacoli alla sua riforma fiscale si palesassero in autunno, non sarebbe più possibile, anche a fronte di una crisi, andare alle elezioni. Vuole incassare fino a che è ancora in tempo per far saltare il banco. Di Maio insiste per sapere quali sarebbero le eventuali coperture, lievitate nel frattempo secondo Salvini stesso, da 10 a 15 miliardi. La Lega però tiene la bocca cucita e a spiegare perché ci pensa il viceministro Garavaglia. Poco male se la spiegazione ha del paradossale: «Le coperture ci sono ma non le dico sennò Di Maio le ruba». «E che giochiamo a nascondino?», replica il leader dei 5S e insiste: nulla in contrario alla riforma fiscale, ma con quali fondi? Identica domanda, e con identico tono di sfiducia, avanza però la Lega. «Il salario minimo? E’ una misura dannosa e bisogna vedere quanto costa», affonda la lama il solito Garavaglia. E poi, beffardo: «Ma certo avranno adeguate coperture…».

Ma il formicaio impazzito dilaga anche all’interno dei singoli partiti. Nella Lega, sinora monolitica, prosegue il duello sui minibot. Giorgetti, da Losanna, insiste, soprattutto, ma non solo, in vista del commissariato Ue: «Borghi li punti sulla vittoria della Svezia». In serata Salvini si schiera però con Borghi, il papà dei minibot: «La posizione della Lega è nel contratto». Tra i 5S il clima, con Di Battista che scalpita e ormai lavora ai fianchi Di Maio in vista della sostituzione se si voterà, è anche peggiore. La crisi ancora non c’è. Ma quasi sì.