È rissa nel Partito Democratico tra la minoranza guidata dall’ex viceministro all’economia Stefano Fassina, Gianni Cuperlo e Pippo Civati e i renziani. Ieri alla Camera hannopresentato otto emendamenti alla legge di stabilità. Per Fassina l’intento sarebbe quello di portare l’esecutivo ad essere più incisivo nella «lotta contro la povertà». I renziani l’hanno presa malissimo e hanno accusato Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Anna Miotto, oltre che Fassina e Civati, di lesa maestà, insomma di volere spaccare il partito e la sua democrazia interna. Accuse che hanno fatto saltare la pace interna al Nazareno, appena strappata con un’improbabile quadratura del cerchio sul Jobs Act e le norme sui licenziamenti.

Ai renziani i nervi devono essere saltati anche perché Sinistra Ecologia e Libertà ha sostenuto due emendamenti presentati dalla minoranza Pd – entrambi a firma Stefano Fassina – così da «costringere» il Parlamento a confrontarsi su questi temi visto che la maggioranza del Pd li «aveva esclusi». Si tratta di modulare l’erogazione del bonus Irpef da 80 euro in relazione all’Isee, allargandolo a Partite Iva e cocopro, e aumentare le risorse per gli ammortizzatori sociali. Due problemi non certo irrilevanti ai quali il governo non ha ancora dato una risposta perlomeno soddisfacente. Giulio Marcon, capogruppo di Sel in Commissione Bilancio, ha confermato di averli «risottoscritti» e «adottati» nella lista di 267 emendamenti alla legge di stabilità presentati da Sel.

«È quanto dovrebbe accadere in Parlamento: si parte da presupposti diversi per avere convergenze comuni sul merito», ha detto Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sel. «Abbiamo deciso di sottoscrivere quegli emendamenti che altrimenti non sarebbero stati discussi dalla Commissione Bilancio».
Dal Pd sono arrivate invece cannonate. «La minoranza agisce come se non facesse parte del Pd – ha detto Ernesto Carbone, deputato e componente della segreteria Pd – Senza entrare nel merito dei contenuti è davvero incredibile che parlamentari che fino a prova contraria fanno parte di un gruppo politico, convochino una conferenza stampa per illustrare i loro emendamenti».

Per Andrea Marcucci, senatore Pd e presidente della commissione cultura a palazzo Madama, «la minoranza Pd ha fatto una conferenza stampa contro le misure del proprio partito. È incredibile. Spettacolare il dissenso alla spasmodica ricerca dello scontro con il premier Renzi va oltre ogni logica del buon senso». L’umore dei renziani non dev’essere migliorato leggendo un twitt del deputato Cinque Stelle, e vicepresidente della Commissione Affari costituzionali, Danilo Toninelli: «Bene la conferenza stampa delle minoranze Pd sul Jobs act. Speriamo che ora dialoghino col M5S per aiutare famiglie e imprese in difficoltà». In poche ore la guerra interna al Pd è stata aperta, e le opposizioni al «partito della Nazione» non hanno perso tempo per trarne beneficio.

«Questo è il nostro governo, non stiamo all’opposizione – ha risposto Gianni Cuperlo – Siamo un pezzo della maggioranza che sta dentro il Pd e cerca di mettere in campo delle proposte che rendano più redistributiva e espansiva la manovra economica ma rimanendo nel perimetro stabilito dal governo».

Fassina è andato al punto, quello della lesa maestà: «I nostri emendamenti dichiarano guerra alla povertà e non al Partito Democratico – ha detto – Non c’è alcuna volontà di “sabotare” la legge di stabilità”. Il nostro obiettivo è affrontare i problemi del paese. Ovviamente teniamo conto dell’impianto definito dal governo cercando di correggerlo su punti importanti».

Gli emendamenti sono stati sottoscritti da un «coordinamento» composto da una trentina di deputati Pd. Ci sono misure per la messa in sicurezza del territorio e per il bonus bebé nelle famiglie più povere. Si parla anche del «Sostegno per l’inclusione attiva», il «Sia». Una misura contro la povertà, non certo il reddito minimo o altre misure universalistiche.