Presentato nel programma delle proiezioni speciali del festival 2022, The Natural History of Destruction, l’ultimo film di Sergei Loznitsa deriva il suo titolo dall’omonima raccolta saggi di W.G. Sebald. Ed è ispirato in particolare ai passaggi in cui lo scrittore tedesco lamenta la scarsa attenzione – una sorte di ellisse morale – che gli storici del suo paese hanno prestato per lo studio delle devastazioni che i bombardamenti alleati durante le Seconda guerra mondiale hanno effettuato sulla popolazione e sulle città della Germania.
Loznitsa – ospite frequente di Cannes, dove aveva portato anche il film di fiction Donbass– lavorava a questo documentario di montaggio, realizzato con ricchi materiali d’archivio provenienti, tra gli altri, dall’Imperial War Museum, da Progress.film e da British Pathè, da oltre un anno. Ma, ovvio, oggi è difficile vedere il film fuori dal contesto delle immagini che arrivano dall’Ucraina. Il che lo rende un oggetto dalla valenza complessa -intellettualmente e politicamente provocatorio, esteticamente affascinante ed emotivamente vicinissimo.
The Natural History of Destruction (i cui materiali sono prevalentemente in bianco e nero, fino a poco prima della fine) apre su squarci di vita quotidiana della popolazione tedesca (non è sempre chiaro di che paese siano i civili, e questo è parte del piano di Loznitsa), ignara, in quelli che sembrano tempi di pace. Palazzi borghesi, chiese, le strade affollate -l’istantanea di una società civile e benestante. A conferma di quella civiltà e cultura, più avanti nel film, Loznitsa dedicherà un’ampia scena all’immagine di un’orchestra all’aperto che suona l’ouverture de I maestri cantori di Wagner. Ma, immediatamente dopo il bucolico montaggio iniziale, parte una lunga sequenza di bombardamenti notturni.

NEL BUIO dello schermo, i «puff» luminosi delle esplosioni, giù a terra, diventano a poco a poco cinema astratto. Orribilmente belli e distanti – Loznitsa controlla la durata della sequenza in modo da accentuare quel senso di lontananza. È un ufficiale dell’esercito inglese a tradurre il concetto in… parole povere, quando spiega agli operai di una fabbrica di armi che è meglio non pensare ai tedeschi, o conoscerne qualcuno, per non rischiare di percepirli come esseri umani. Se no è più difficile bombardarli. Churchill non è molto meglio spiegando, in un discorso radiofonico, che se i civili della Germania non voglio morire sotto le bombe possono sempre abbandonare le città (prese di mira perché centri produttivi) lasciando alla Royal Air Force il privilegio di distruggerle con la coscienza pulita.

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Il teorema Sergei Loznitsa

LA GUERRA FINIRÀ nel modo giusto, garantiscono gli inglesi. Non ci sono dubbi, anche se non sappiamo quando. Sequenze che illustrano la manifattura delle bombe in una fabbrica inglese, il loro posizionamento sugli aerei, dove vediamo strategicamente piazzate anche le cineprese in 35mm che hanno permesso l’esistenza di queste immagini (mentre gli effetti sonori, aggiunti da Loznitsa sono del suo abituale, e abilissimo, collaboratore Vladimir Volotniski) fanno da preludio alla parte conclusiva del film, dove la devastazione dei bombardamenti si vede alla luce del giorno. Le città ridotte spettralmente in scheletri. Colonia e Lubecca sono citate un paio di volte. Ma Loznitsa evita volutamente di dare troppe informazioni sulle topografie, le date e i numeri. La verità è quel panorama di devastazione potrebbe essere dovunque.