Preoccupa Stefano Bonaccini l’apertura fatta a Bologna da Nicola Zingaretti sullo ius soli temperato/ius culturae. «Le due priorità in questo momento sono un grande piano di prevenzione contro il dissesto idrogeologico e cambiare la plastictax», ha spiegato ieri il governatore dell’Emilia Romagna, candidato alle regionali del 26 gennaio. «Quando si affermano i diritti non c’è mai un momento giusto o non giusto ma proprio perché eravamo a Bologna forse non si è calibrato bene il tono sugli argomenti», ha concluso.

Il giorno dopo le parole del segretario Pd, a prevalere è la prudenza. E dire che Zingaretti non ha fatto altro che rivendicare una riforma, come quella della cittadinanza, che per una forza che si vuole di sinistra non avrebbe neanche bisogno di essere discussa. Senza contare, poi, che per passare dalle parole ai fatti ce ne corre, come dimostra quanto accaduto nella passata legislatura quando, premier Paolo Gentiloni, il Pd avrebbe potuto approvare la riforma ma preferì rinviarla. Non a caso, pur senza smentire il segretario, ieri dal Nazareno sono arrivate parole che sono sembrate più che altro voler rassicurare gli alleati 5 Stelle contrari, per bocca del leader Luigi Di Maio, alla cittadinanza per i figli nati in Italia da genitori immigrati ma anche preoccupati che l’uscita bolognese puntasse a far cadere il governo. «Macché» si sono affrettati a spiegare alcuni parlamentari dem. Aggiungendo che la cittadinanza, come la decisione di rivedere i decreti Salvini, fanno parte dell’agenda politica di un Pd «riformista, liberale e di sinistra». Insomma, nessuna forzatura verso il parlamento né verso il programma del governo giallorosso dove, non a caso, la parola cittadinanza non compare neanche una volta.

Di cittadinanza comunque non se ne parlerà almeno fino all’anno prossimo. In commissione Affari costituzionali della Camera sono depositati tre disegni di legge a firma Laura Boldrini, Renata Polverini e Matteo Orfini che, con diverse sfumature, propongono di superare l’attuale legge consentendo così a quasi un milione di giovani – italiani di fatto ma non per lo Stato – di diventare finalmente cittadini di questo Paese. Relatore dei tre provvedimenti è il presidente della commissione, il grillino Giuseppe Brescia. Lo scorso ottobre, quando proprio Brescia – che non ha mai nascosto di essere favorevole alla riforma e che guida una pattuglia consistente di parlamentari che la pensano come lui – annunciò l’imminente avvio della discussione in commissione, si era parlato anche di un disegno di legge pentastellato, ipotesi che però al momento sembra essere stata archiviata. Di cittadinanza si è parlato anche ieri sera alla Farnesina dove Di Maio ha convocato ministri e sottosegretari per fare il punto sui vari dossier in discussione, primo fra tutti la legge di bilancio, ma soprattutto per chiedere a tutti di sostenerlo. «Per noi – hanno spiegato alcuni grillini – il punto di caduta potrebbe essere lo ius culturae», vale a dire cittadinanza riconosciuta al termine di un ciclo di studi. Inutile dire che la parola finale spetterebbe comunque alla piattaforma Rousseau.

Contro Di Maio ieri se l’è presa anche Achille Occhetto, che ha appoggiando la proposta di Zingaretti: «Di Maio?», ha chiesto. «Vergognoso. E’ arrivato coprire con l’acqua di Venezia un problema che si può risolvere in due minuti, mettendo il ditino sul ’sì’ in parlamento. Questo non toglie niente all’opera doverosa che tutti gli italiani devono fare per Venezia».
Con Zingaretti hanno invece polemizzato i renziani. In passato Matteo Renzi ha accusato Gentiloni di scarso coraggio per non aver approvato l riforma della cittadinanza. Ora, invece, da Italia Viva si critica la scelta di parlarne: «Noi siamo per fare le cose, non per annunciarle e piantare bandierine» è l’attacco dei renziani, per i quali «prima si trova un accordo politico e una soluzione legislativa e poi si va sui giornali. Così il Pd ha ammazzato la possibilità di approvare lo ius culturae in tempi brevi».