A TRICK OF THE LIGHT

Irlanda, 2018, 5’10”

musica: Villagers

regia: Bob Gallagher

giudizio: bello

Il piede del protagonista calpesta la luna riflessa dentro una pozzanghera e, da quel momento, le esistenze di tre donne che costui incontra sul suo cammino notturno, vengono sconvolte: la cliente di una caffetteria, una donna che partecipa al vernissage in una galleria e la cassiera di un locale a luci rosse. Ma si è trattato solo della visione di un matto mezzo clochard (con un barbone rossiccio che lo rende simile a Gesù Cristo) portatore di un’impossibile felicità che ha trasformato per qualche istante la realtà, triste e banale, in un musical. Decisamente onirico, A Trick of the Light è diretto dal dublinese Bob Gallagher, un autore di music video e pubblicità da tenere d’occhio.

IL VANGELO DI GIOVANNI

Italia, 2017, 4’58”

musica: Baustelle

regia: Tommaso Ottomano

giudizio: bello

In un fatiscente palazzo liberty una serie di persone in circolo danno vita alla classica terapia di gruppo: al centro c’è un giovane ragazzo con gli occhi rossi di pianto che dà in escandescenze di fronte all’indifferenza degli altri. Ma quando un altro ragazzo, dopo averlo abbracciato, lo accoltella e il prete (Francesco Bianconi, la voce del trio) pone sul capo del moribondo una corona di filo spinato. La metafora cristologica finale – mentre piovono coriandoli argentati e il luogo di sofferenza si trasforma di fatto in una discoteca anni ’70 – allude all’assoluta mancanza di pietà verso il prossimo, ma anche alla spettacolarizzazione della morte tipica di questi anni e alla trasformazione del tragico in frivolo, mentre il testo della canzone recita: “Io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera”.

LITTLE DARK AGE

USA, 2017, 5’10”

musica: MGMT

regia: Nathaniel Axel e David MacNutt

giudizio: magico

Visualmente seducente come quasi tutti i music video degli MGMT, Little Dark Age procede per quadri paralleli, tra il dark-gotico e l’erotico, con qualche tocco di horror parodizzato e allusioni/citazioni varie: una serie di frutti vengono accettati su un tronco, un prestidigitatore compie le sue magie davanti agli astanti, un misterioso personaggio incappucciato che emette fumo, giochi di ombre cinesi sulle pareti. In tutto questo caos di pseudonarrazioni intrecciate, fanno capolino – fugacemente – anche i membri della band che eseguono il loro playback. Surreale al punto giusto.

I LOVE U SO

Francia, 2011, 1’58”

musica: Cassius

regia: We Are from L.A.

giudizio: cult

Idea se vogliamo semplice ma azzeccata, forse ispirata da un corto degli anni ’80 di Rybczynski (dal titolo Media) Una mano accosta un i-phone davanti ai volti di ragazzi e ragazze, chiaramente fermati per strada, sovrapponendo così alle loro bocche altre bocche filmate in precedenza che interpretano il playback della canzone. Bello il contrasto che si crea tra la bocca sul display e il corpo che l’assume come sua (bianco/nero, uomo/donna, animale/umano). Il risultato, insomma, è quello di un collage tecnologico in diretta, con l’apertura di una finestra (concreta ma anche virtuale) nella realtà. La riuscita dipende anche dalla durata relativamente breve del brano.