Dopo il fallimento dell’“Operazione libertà”, il secondo golpe tentato dall’opposizione venezuelana di Juan Guaidò il 1° maggio, per Washington sembra tornato il tempo della trattativa seppur via Mosca, tradizionale alleato di Caracas.

Ieri a Rovaniemi, in Finlandia, si sono incontrati i due ministri degli esteri Mike Pompeo e Sergey Lavrov per un’aggiornamento della discussione sulle prospettive del Venezuela. Nessun accordo è stato raggiunto come era stato previsto dalla stampa russa e americana, vista la distanza dei reciproci punti di vista, ma solo la «volontà comune di voler cercare una soluzione positiva della crisi».

Al termine dell’incontro Lavrov ha sostenuto di non vedere «tra i miei contatti americani, europei e latinoamericani nessun sostenitore di una spericolata soluzione militare. Spero che questa comune consapevolezza, si trasformi in una azione politica concreta». Per questo i due ministri hanno evitato di fare dichiarazioni comuni al termine dell’incontro. Tuttavia il politologo russo Andrey Suzdaltsev dubita che l’attuale amministrazione Usa intenda seriamente affrontare la crisi in corso a Caracas. «Lo abbiamo visto in altri fronti caldi nel mondo come in Siria e in Ucraina: in tutte queste aree gli Stati Uniti non hanno dimostrato la seria volontà di sedersi al tavolo dei negoziati per cercare un compromesso» ha sostenuto alla Tass l’analista moscovita. Secondo Suzdaltsev «l’amministrazione di Donald Trump si è dimostrata finora incredibilmente incompetente nell’arena internazionale: ha fatto tantissime pubbliche relazioni, mostrato i muscoli, inviato costantemente portaerei in tutto il pianeta, ma non è stata in grado di risolvere alcun problema».

Ne sono convinti anche al Cremlino malgrado la lunga telefonata di sabato scorso tra Vladimir Putin e Donald Trump. Il presidente americano ha proposto nel colloquio con il presidente russo una trattativa sui missili che affronti non il problema di quelli a medio e corto raggio messi in mora qualche mese fa dalla sua amministrazione, ma che riguardi anche a lungo raggio il cui accordo a suo tempo stipulato tra Urss e Usa dovrebbe scadere nel 2021, coinvolgendo eventualmente anche la Cina. Putin non ha potuto che dimostrarsi interessato, seppur tiepidamente, visti gli ormai noti zig-zag umorali del presidente Usa.

Il summit finlandese era stato anticipato domenica da un lungo incontro a Mosca tra Lavrov e Jorge Arreaza. Lavrov ha voluto confermare al suo omologo l’assoluta fedeltà di Mosca al governo bolivariano e di non voler cercare accordi alle spalle e a detrimento del presidente Maduro ma solo un equilibrato compromesso che riconosca le ragioni di tutte le forze in campo. «I colloqui hanno affrontato il tema delle misure per approfondire l’ampio partenariato russo-venezuelano nell’arena internazionale, intensificare gli sforzi del gruppo informale di paesi per proteggere gli obiettivi e i principi sanciti nella Carta delle Nazioni unite, nonché contrastare le sanzioni unilaterali illegali contro il Venezuela che peggiorano la situazione socio-economica nel paese» aveva dichiarato al termine dell’incontro Lavrov.

«Si prevede inoltre di discutere l’attuazione degli accordi raggiunti nel 14mo incontro della Commissione intergovernativa russo-venezuelana a Mosca il 4-5 aprile 2019 riguardante l’attuazione di importanti progetti comuni nel settore energetico, industriale, agricolo, medico e farmaceutico e la cooperazione tecnico-militare» si leggeva inoltre nel protocollo finale firmato da entrambi i ministri a garanzia degli interessi russi nella regione.