Nella Cina in cui cresce la comunità Lgbtq, 190 associazioni ieri hanno ottenuto un risultato storico: sulla prima pagina del Global Times, quotidiano ufficiale del partito comunista in lingua inglese e costola dell’ufficialissimo Quotidiano del Popolo, hanno pubblicato una lettera nella quale esprimono la propria solidarietà agli Stati uniti alla luce della strage di Orlando.

Si tratta di un gesto coraggioso e molto importante per un paese che sul tema sta compiendo passi avanti significativi, nonostante fino a qualche anno fa l’omosessualità fosse considerata una malattia.

Nel gennaio 2015 proprio una sentenza di un tribunale, ha stabilito che l’omosessualità non è «una malattia da curare», liberando finalmente la comunità da un peso storico pesante.

Il governo continua nella sua «politica dei tre no», non si approva, non si disapprova, non si promuove, ma per l’ampia comunità Lgbtq cinese i tempi stanno cambiando. Anche il presidente cinese Xi Jinping ha recapitato le proprie condoglianze al presidente americano Obama. Per quanto riguarda la comunità Lgbtq cinese, si legge: «Noi, membri della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender esprimiamo il più profondo cordoglio alle vittime e alle loro famiglie, amici e persone amate, e a tutti quanti sono stati colpiti da questo mostruoso gesto», si legge.
«Insieme a loro siamo in lutto per la perdita di tante vite innocenti e condanniamo con forza il terrorismo e tutte le forme di violenza basate sugli orientamenti sessuali, identità ed espressione di genere».

La lettera, promossa dalla ong Lgbtq Rights Advocacy China, si premura di sollecitare «un’azione unitaria» tra tutti i diversi gruppi cinesi impegnati nella difesa dei diritti per una assidua partecipazione a iniziative e petizioni in tutto il mondo, oltre a invitare i sostenitori a modificare le foto sui rispettivi profili dei social media con una dell’attacco di Orlando fornendo informazioni contro violenza e discriminazione. «La strage è un promemoria su omofobia e transfobia che sono ancora prevalenti e causano devastazione ovunque nel nostro mondo di oggi. Pur se è vietato in Cina il possesso privato di armi, altre forme di violenza, come “le terapie di conversione”, sono bullismo contro i giovani Lgbtq nelle scuole e in altri trattamenti discriminatori che si verificano quotidianamente», ha commentato Peng Yanhui, promotore della lettera-manifesto e direttore di Lgbtq Rights Advocacy China.
Peng, sempre al quotidiano Global Times, ha espresso poi profondo disappunto per i molti commenti dei netizen cinesi sulla strage al gay club carichi di «pregiudizi», oltre che sull’approccio di alcuni media locali che hanno «trascurato» il fattore omofobico dell’attacco.

«Non abbiamo fatto ancora piani specifici, ma vorremmo cogliere questa opportunità per partecipare in futuro a iniziative proposte dai gruppi Lgtbq americani quale parte di una campagna globale».