Comincia oggi alla Camera la discussione sul Global compact sulle migrazioni, il piano Onu varato il 10 dicembre scorso a Marrakech e al quale l’Italia non ha ancora aderito. «Il modo in cui è stata affrontata questa vicenda mette in evidenza tutta l’incapacità del governo», dice l’ex presidente della Camera, oggi deputata di LeU, Laura Boldrini. «Solo per fare un regalo agli amici di Matteo Salvini, a Orbán che ha seguito Trump e il fronte sovranista, si danneggia il Paese, perché è nostro interesse avere la possibilità di influenzare un documento globale che tratta delle migrazioni. C’è da chiedersi qual è l’obiettivo».

Lo dica lei.
Non certo quello di gestire il fenomeno, bensì di creare il caos che è una condizione indispensabile per chi oggi è al governo per continuare ad avere consenso. Infatti smantellano ogni esperimento o progetto ben riuscito di integrazione per dimostrare che non si può fare, alimentando così le tensioni sociali.

Con la Lega che detta la linea del governo le possibilità che il Global compact passi sono davvero poche.
Abbiamo assistito all’inverosimile su questo tema. Prima abbiamo visto il premier Conte andare alle Nazioni unite e impegnarsi a sostenerlo. Poi il ministro Moavero Milanesi ha confermato il sostegno italiano, sulla stessa linea anche il sottosegretario Di Stefano. Salvini invece qualche giorno dopo ha detto non se ne parla nemmeno. C’è una perdita di credibilità clamorosa. Non si era mai visto prima che il ministro dell’Interno non solo mettesse becco ma decidesse la linea di governo in materia di politica internazionale. Tutto questo denota improvvisazione, incapacità di gestione nelle relazioni internazionali e una beffa per il parlamento.

Solo due giorni fa il presidente della repubblica Mattarella ha messo in guardia dai rischi dell’unilateralismo. Eppure è proprio la direzione che sembra aver imboccato l’Italia insieme a tutto il blocco dei Paesi dell’Est.
L’Italia si sta completamente isolando su tutti i temi sui quali a livello nazionale non ci sono soluzioni. La migrazione è uno di questi: non si può gestire questo fenomeno da soli. Per spostarci verso gli amici di Salvini, verso il gruppo di Visegrad noi rinunciamo a essere parte attiva in un processo che interessa il Paese. Il quale gruppo di Visegrad ci gira le spalle non solo sulla migrazione, ma anche sulle materie economiche, perché sono stati i primi a opporsi alla possibilità che l’Italia potesse aumentare il rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento. E poi, riguardo alla manovra, vedere i leoni del “me ne frego” cercare di negoziare con Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione è la conferma della loro incoerenza e insipienza. Nel frattempo per le smargiassate di Di Maio e Salvini gli italiani ci hanno rimesso una sacco di soldi.

Come vede da fuori le vicende del Pd?
Credo che oggi la cosa più importante da fare, per il Pd e per tutte le forze progressiste, sia un’operazione di apertura verso i tanti movimenti che esistono nel Paese, coinvolgendo tutti quelli che negli ultimi anni si sono sentiti esclusi. Persone dei movimenti ambientalisti, femministi, della comunità Lgbt, la rete dei sindaci, il volontariato, il mondo del lavoro, tutte queste realtà che non si sono più sentite rappresentate e che invece vorrebbero fare qualcosa, che non vogliono consegnarsi nelle mani del sovranismo europeo, ma allo stesso tempo non sono disposte a votare partiti che negli ultimi anni li hanno delusi. Penso che la cosa più lungimirante sia quella di fare un’operazione innovativa, inedita ma genuina, una lista per le europee senza simboli di partito basata su cinque, sei punti sui quali si possa trovare un accordo comune. Dobbiamo prendere atto che le belle piazze che abbiamo visto negli ultimi tempi muoversi contro questo governo fanno resistenza a votare partiti come il Pd o LeU. A queste persone vogliamo dare o no un’alternativa? Le prossime elezioni europee saranno di un’importanza storica, come ci vogliamo andare, alla spicciolata regalando il Paese ai sovranisti?

Intanto questo governo si prepara a cancellare il fondo per l’editoria condannando alla chiusura molti giornali, a partire dal «manifesto».
Mi pare che questo governo abbia manifestato verso la libera stampa tutto il fastidio possibile. Se alcuni giornali saranno costretti a chiudere sarà una grave perdita per il nostro Paese e credo che ne possa risentire l’assetto democratico. Questi signori puntano a togliere ogni forma di intermediazione per parlare direttamente al popolo. In questo modo il ruolo di controllo del giornalista viene meno.