Il momento esplosivo di Short Theatre 2021 arriva alla fine, dopo dieci giorni di performance e installazioni ma anche presentazioni di libri e film (un omaggio a Cecilia Mangini, scomparsa all’inizio dell’anno) dilagate nell’orizzonte urbano a partire dalla Pelanda del Mattatoio, a Trastevere, che da sempre costituisce il centro del festival. Si torna al teatro Argentina per Nora Chipaumire, coreografa e performer dello Zimbabwe residente a New York, che alla testa di una compagnia multietnica fa risuonare il suo Nehanda. Opera di teatro musicale, dice il programma. Opera che sfugge ai generi, certamente. Potremmo definirla una lunga suite suonata cantata e urlata a carattere anticoloniale, lo sguardo rivolto al «sud globale» del mondo.

NON C’È PACE senza giustizia, sono le parole che risuonano con maggiore frequenza. Il ritmo che funge da asse portante è il reggae giamaicano di War, il brano di Bob Marley che prende a prestito le parole di un discorso dell’imperatore Hailé Selassié. Finché i diritti umani essenziali non saranno garantiti a tutti senza riguardo per il colore della pelle, sarà guerra – dice. Il messaggio è chiaro. Il palco, dilatato fino a metà della platea, è ingombro di lumini accesi dentro portalampade orientaleggiati, insieme a microfoni e strumenti musicali; sul fondo è appoggiata una bandiera, l’Union Jack, che non sventolerà mai. I dieci interpreti vi sono saliti alla spicciolata, mentre ancora gli spettatori entravano in sala. Si sono disposti in un largo cerchio, quasi inavvertitamente è partita la musica. Come se fosse proprio quel cerchio a generare il canto. Chipaumire si è assunta la guida del coro. Saltella, si sbraccia, accenna un passo di danza, urla slogan rilanciati in una babele di lingue diverse. A un certo punto compaiono anche dei megafoni, quando il cerchio si rompe e gli interpreti invadono disordinatamente lo spazio, senza che si interrompa il loro canto.

E NEHANDA? Nella mitologia del popolo Shona dello Zimbabwe, Nehanda è uno spirito che abita solo le donne. Come colei che nella Rhodesia di fine Ottocento diede il via a una rivolta contro i colonizzatori britannici, e fu catturata e giustiziata. No justice no peace. Qui ad azzittire tutte le voci è un lungo assolo di batteria. Al quale alla fine subentra il suono lamentoso di un corno, mentre qualcuno spegne uno alla volta tutti i lumini. Poi per un attimo è silenzio. Esplosivo.