Il tempo concesso dalla Corte costituzionale al legislatore per «intervenire con un’appropriata disciplina» sul fine vita sta per scadere. E inutilmente, si può dire a questo punto, perché se il nuovo governo si tira indietro, come ha comunicato Giuseppe Conte l’altro giorno nel suo discorso al Senato, la palla rimane tutta al Parlamento.

IL 24 SETTEMBRE prossimo, infatti, trascorso l’anno di sospensione del giudizio, la Consulta dovrà per forza rispondere al dubbio di illegittimità costituzionale sull’art. 580 del codice penale, quello che vieta l’aiuto al suicidio. Perché il quesito venne sollevato dalla Corte d’Assise di Milano che rinviò la sentenza su Marco Cappato, a processo per aver accompagnato a morire in Svizzera dj Fabo, in attesa del responso. Dunque ora, a dispetto di quanto chiedono diversi esponenti del centrodestra, che premono per un ulteriore rinvio per cercare di evitare la messa in mora della norma sul suicidio, i giudici costituzionalisti saranno costretti ad emettere il verdetto – molto probabilmente di incostituzionalità, come di fatto già anticipato – sull’attuale assetto normativo del fine vita, concepito in era fascista e inserito nel Codice Rocco.

Assetto che, così scrivevano un anno fa, «lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti».

ALLA VISTA di tale orizzonte, la Cei ha cominciato a scaldare i muscoli per il lancio degli anatemi, con un convegno su «Eutanasia e suicidio assistito» organizzato ieri a Roma da un’ottantina di associazioni cattoliche, dal quale il presidente dei vescovi ha dettato i suoi diktat: «Va negato che esista un diritto a darsi la morte; vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente», ha affermato il cardinale Gualtiero Bassetti come se non ci fosse altro credo al mondo.

Il prelato parla all’ala pro-life (che trova adepti anche nel Pd) di quel Parlamento al quale Conte ha rivolto una sollecitazione: «Il tema del suicidio medicalmente assistito non è oggetto del programma di governo: ho ritenuto io stesso – ha detto il premier chiedendo la fiducia al Senato – di non inserirlo perché non ritengo sia un tema che si presti a un progetto politico. Auspico che il Parlamento trovi il modo e le occasioni per approfondire queste questioni e lo possa fare rapidamente». Altrimenti, ha concluso, lo farà la Corte Costituzionale.

Un pericolo assolutamente da evitare, per il card. Bassetti che lancia un appello perché venga chiesta una moratoria alla Consulta e suggerisce ai parlamentari di modificare l’art. 580 con «attenuazioni e differenziazioni delle sanzioni», in modo di impedire alla Corte di intervenire in termini più radicali. La Cei auspica piuttosto una revisione delle Dat, approvate nel 2017, e l’introduzione dell’obiezione di coscienza al biotestamento da parte dei medici. Al convegno pro-life, cui erano stati invitati tutti i parlamentari, è giunto il messaggio della presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, che si augura un quadro normativo «certo» basato «non sull’emozione» ma sui valori di «centralità dell’individuo» e «delle relazioni affettive».

PAROLE, IN REALTÀ, che avrebbero potuto essere tranquillamente sostenute anche da Fabiano Antoniani quando chiedeva di poter morire con dignità.

In questa ottica si sono mobilitate decine di artisti e personalità della cultura e dello spettacolo che hanno il «coraggio» di «rompere un tabù», per usare le parole di Marco Cappato, e rilanciare lo slogan «Liberi fino alla fine». Il 19 settembre a Roma, infatti, l’associazione Luca Coscioni ha organizzato una manifestazione concerto a Piazza Don Bosco, nei giardini intitolati a Piergiorgio Welby, davanti alla chiesa che gli negò i funerali. Dalle 17 si alterneranno sul palco artisti del calibro di Nina Zilli, Roy Paci, Luca Barbarossa, Kento, Oliviero Toscani, Pau e Mac dei Negrita, e tanti altri. E saranno presenti personalità come Giulia Innocenzi, Giulio Golia delle Iene, Marianna Aprile, Stella Pende, Selvaggia Lucarelli, Alba Parietti, Claudio Coccoluto. Sarà Neri Marcorè a condurre una serata che vuole ricordare ai nostri legislatori che da sei anni in Parlamento giace una legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia che porta in calce la firma di oltre 130 mila italiani.

«Al nostro Paese servono leggi – spiega la segretaria dell’associazione, Filomena Gallo – che non costringano i cittadini ad andare all’estero per concepire un figlio, fare ricerca o scegliere come porre fine alle proprie sofferenze».