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Suicidio assistito, l’appello di Mib: «Fatemi morire qui»

Marco Cappato foto AnsaMarco Cappato – Ansa

Massimiliano: «Sarebbe una tortura, il viaggio in Svizzera, ma non vedo alternative». E Marco Cappato riceve a Milano l'Ambrogino d'Oro

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 8 dicembre 2022

L’ultimo appello del signor Bruno per suo figlio Massimiliano, detto Mib, 44enne toscano malato di sclerosi multipla che non riesce ad ottenere l’aiuto al suicidio assistito in patria e sarà quindi costretto a recarsi in Svizzera, aiutato dall’associazione Coscioni, arriva nello stesso giorno in cui Marco Cappato riceve a Milano l’Ambrogino d’oro. La massima onorificenza ricevuta dal sindaco Giuseppe Sala al Teatro Dal Verme è stata concessa (insieme ad altre 14 personalità) al tesoriere dell’associazione che promuove la libertà di cura e la ricerca scientifica con la motivazione di aver fatto «della disobbedienza civile non violenta uno strumento per risvegliare la coscienza collettiva e per stimolare il parlamento a colmare i vuoti legislativi che ancora esistono in materia di fine vita» e più in generale di libertà civili e diritti umani. «Con il suo esempio e le sue battaglie – prosegue il comunicato – dà voce a chi non ne ha, diventando ispirazione per molti e stimolando il coinvolgimento di chi – soprattutto tra i più giovani – ha perso interesse per la cosa pubblica».

«Grati e onorati del riconoscimento», Cappato ha dedicato il premio a Dj Fabo – il giovane tetraplegico che lui stesso accompagnò nel 2017 in una clinica svizzera – «perché ha avuto il coraggio di affrontare pubblicamente una questione che solitamente viene vissuta in solitudine». E da quella battaglia si aprì la via italiana al suicidio assistito normata nel 2019 dalla Consulta.

Anche quest’anno la premiazione non è stata esente da polemiche, con un consigliere comunale che ha lasciato il teatro in dissenso con il premio al leader radicale, mentre fuori qualcuno esibiva uno striscione di Pro vita. Nulla di nuovo, ha spiegato il sindaco Sala: «Sugli Ambrogini le polemiche ci sono sempre, ma questa scelta la difendo: è discutibile per una parte della popolazione milanese, ma che Cappato si sia mosso con un istinto di generosità e impegno è vero».

Ora però Cappato sarà affiancato da altri volontari per aiutare un numero sempre più elevato di malati che chiedono aiuto all’associazione Coscioni. Sono infatti «oltre 9700 le richieste di informazioni negli ultimi 12 mesi, e più di 20 persone al mese le richieste del modulo per accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia o contatti con le associazioni svizzere», riferisce l’organizzazione. Il tutto «nell’indifferenza totale dei partiti», come sottolinea Cappato che avverte la politica distratta: «La richiesta di legalizzare l’eutanasia è una realtà che esiste nella società. Perciò che sia in Parlamento o in tribunale, lo Stato non potrà esimersi dal prendere una decisione». Così, si è fatta avanti Felicetta Maltese, una 71enne di Firenze, sposata con una figlia, che dopo aver aiutato a fine novembre Cappato ad accompagnare in Svizzera l’82enne Romano, ha deciso di accogliere l’appello di Massimiliano, che da qualche tempo chiede di poter accedere al suicidio assistito in Italia, nella sua casa, vicino ai suoi cari, ma che non essendo «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale», non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Consulta.

«È cosciente della sua vita – ha riferito il padre di Massimiliano, Bruno – Lui è lucido di mente. È arrivato a questo punto perché non ce la fa più. Non ce la fa più. È una sofferenza continua, giorno dopo giorno. È un volere suo, perché si deve negare questo volere? Il corpo è suo, lo sente lui cosa soffre. E noi non possiamo dire di no. Sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di più. Vorrei che fosse una cosa fatta in Italia». E ieri Massimiliano ha ringraziato la signora Maltese: «Le sono grato. Sarebbe una tortura di Stato dover affrontare un simile viaggio, ma senza rassicurazioni immediate non vedo alternative».

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