Arriverà in Aula a Montecitorio lunedì prossimo, il progetto di legge sul suicidio medicalmente assistito varato ieri dalle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera con i voti contrari di Forza Italia, Lega, Coraggio Italia e Fd’I, malgrado la mediazione dei relatori Alfredo Bazoli del Pd e Nicola Provenza del M5S. Un compromesso che ha portato al risultato di un testo fortemente sbilanciato sui desiderata del centrodestra, tanto da essere bollato come «un frettoloso passo indietro rispetto alla stessa sentenza della Corte costituzionale» dai promotori del referendum «eutanasia legale» che ieri ha ottenuto il via libera della Corte di Cassazione (manca ora solo quello della Consulta).

Il pdl licenziato dalle commissioni, infatti, corregge perfino la sentenza dei giudici costituzionalisti nel processo Cappato/Antoniani – «che ha già valore di legge», come sottolinea l’associazione Luca Coscioni – laddove esclude la sofferenza solo psichica tra i requisiti necessari per poter accedere al suicidio assistito. Tra gli articoli approvati ieri, poi, c’è anche l’introduzione dell’obiezione di coscienza per i medici e per il personale sanitario ed esercente (art. 5), da comunicare «entro tre mesi dalla data di adozione del regolamento di attuazione della legge», con il solo vincolo per «gli enti ospedalieri pubblici autorizzati» di assicurare «in ogni caso» «l’espletamento delle procedure» del suicidio medicalmente assistito, e per la Regione di controllare e garantirne «l’attuazione».

Secondo la pdl emendata nelle riunioni congiunte delle commissioni, «il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti». Dunque, non sono punibili medici e personale sanitario e amministrativo «che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita, nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo ad attivare le strutture per portare a termine la procedura» (art. 7). Non solo: la legge, in linea con i pronunciamenti della Consulta, prevede una sanatoria anche per i casi precedenti: «non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima dell’entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni» richieste per un paziente che abbia espresso la propria «volontà libera, informata e consapevole».

Così, se per i presidenti delle due commissioni Mario Perantoni e Marialucia Lorefice, entrambi 5 Stelle, quello ottenuto è «un ottimo testo», «migliorato» rispetto al precedente, secondo il dem Bazoli, grazie ad un «lavoro accurato e costruttivo» da parte di tutte le forze politiche, per Cappato invece «il ddl è un’occasione mancata perché non prevede termini certi per evitare boicottaggi istituzionali come quello in atto contro “Mario” nelle Marche e perché conferma la discriminazione dei pazienti che non sono “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”, come ad esempio i malati di cancro, che sono i casi più frequenti di richiesta di aiuto a morire».

Anche per +Europa – che ha firmato il testo insieme a Pd, M5S, Leu e Iv – però il ddl, «votato sbrigativamente dopo anni di paralisi», è «gravemente insufficiente». È il giudizio espresso dal presidente del partito, Riccardo Magi, che in un tweet scrive: «Scopo: portare in Aula un testo quale che sia, rinviando le scelte sui nodi non sciolti. Esito prevedibile: lo stesso del Ddl Zan. I nodi non sciolti ora non lo saranno dopo».