“You are all fakes” (“Siete tutti falsi”). Con questo biglietto ritrovato ieri vicino al suo corpo senza vita nella dimora di Parigi si è accomiatata Oksana Shachko.

Oksana, 31 anni, era stata nel 2008 assieme a Anna Hutsol e Inna Shevchenko una delle fondatrici nel 2008 a Kiev del movimento Femen. Inna Shevchenko nel dare alla amica e compagna l’ultimo saluto su Facebook ha ricordato che Oksana “si è battuta per se stessa e per tutte le donne del mondo. Siamo state insieme in piazza Indipendenza a Kiev, sventolando bandiere nel cielo e gridando slogan nel silenzio; siamo sopravvissute nella foresta bielorussa insieme, dopo essere state torturate; e abbiamo marciato per le strade di Parigi, formando nuovi gruppi di attiviste. Oksana è sempre rimasta una vera combattente. È nella storia del femminismo”.

Femen, composto per lo più da teenagers, rivoluzionò con la sua comparsa alcuni canoni del movimento femminista. Fin da subito si distinse per la sua capacità di usare la provocazione come arma per irrompere sui media e nel dibattito pubblico di tutto il mondo. La denuncia del sessimo, del turismo sessuale, della condizione lavorativa delle donne ucraine ma anche contro il liberismo e per i diritti umani si presentò con slogan tracciati a pennarello sui loro corpi, diventando un’icona dei movimenti anni 2000. Leggendarie le loro apparizione al summit di Davos, quella a Zurigo contro i mondiali di hockey nella Bielorussa di Lukashenko e quella sulla torre Eiffel per denunciare la condizione della donna nell’Islam.

Femen però ormai da alcuni anni era diventato l’ombra di se stesso. L’ascesa di Poroshenko e dell’estrema destra trasformò l’Ucraina in un paese ancora più autoritario, bigotto e sciovinista di quanto non lo fosse già. Il conflitto tra la Mosca e Kiev schiacciò le ragioni del pacifismo e della democrazia. In quel contesto le Femen abbandonarono l’attività in Ucraina. La nuova leva di attiviste femministe, lgbt e antifasciste ucraine che si battono ancora oggi a Kiev a rischio della vita, conoscono a stento il loro nome.

Femen si trasformò in una piccola legione di globtrotters della protesta. Coccolate dalle riviste glamour patinate, persero di radicalità, diventando stanche repliche di un canovaccio già visto. La tragedia di Oksana Shachko è individuale e privata ma sta dentro, in questo senso, alle difficoltà e alla ritirata della sinistra in Europa.