Dopo l’approvazione dei vaccini prodotti dalla Pfizer/BioNTech e da Moderna (quest’ultima per ora solo negli Usa) c’è il rischio che i trial clinici finiscano anzitempo, impedendo di raccogliere informazioni preziose sull’efficacia e sulla sicurezza dei vaccini. È quanto è emerso nei giorni scorsi dai colloqui tra gli esperti dell’agenzia statunitense Food and Drug Administration e le aziende produttrici, eccezionalmente trasmessi in diretta streaming per garantire la massima trasparenza sulle procedure di autorizzazione.

Le autorizzazioni di emergenza accordate finora sono basate su due mesi di raccolta dati. I trial, in cui si raccolgono dati somministrando il vaccino e un placebo di controllo a migliaia di volontari, dovrebbero però continuare ancora per molto tempo. Nel caso della Pfizer, fino al 2023. Ma non è detto che ciò avvenga. Infatti, dopo le autorizzazioni ai vaccini e l’inizio delle campagne di somministrazione, i volontari che si sono prestati alla sperimentazione chiederanno probabilmente di uscire dalla sperimentazione per vaccinarsi, soprattutto nelle fasce di età più a rischio. Secondo i documenti pubblicati dalla Fda, la stessa Moderna proporrà la vaccinazione ai volontari «1-2 settimane dopo l’autorizzazione».

Dal punto di vista scientifico sarebbe un disastro. Senza il placebo, mancherebbe il termine di paragone per valutare l’efficacia a lungo termine e le possibili reazioni avverse, portando all’interruzione degli studi. Per questo la Fda richiede che «ogni richiesta di autorizzazione per uso di emergenza includa le strategie da implementare per assicurare che i trial in corso siano in grado di valutare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini in un numero sufficiente di soggetti», prevenendo l’abbandono da parte dei volontari, richiesta appoggiata anche dall’Oms. Ma per Pfizer e Moderna assicurare il proseguimento del trial è «impraticabile». Visto che anche le autorizzazioni europee si basano sulle stesse ricerche, il problema riguarda anche l’Italia.

Secondo il direttore dell’Aifa Nicola Magrini il problema esiste. Tuttavia, «la campagna di vaccinazione di massa continuerà. La durata della protezione può essere monitorata perché saremo in grado di sapere a 6, 9 e 12 mesi se il paziente ha anticorpi e anche la risposta immunitaria cellulo-mediata». Per quanto riguarda la sicurezza «buona parte dei pazienti non sarà immediatamente trasferita nel gruppo del trattamento». Questo consentirà di rilevare anche effetti avversi che emergeranno in futuro.