Il «censimento» dei rom non sarà un censimento. «L’ho spiegato anche al presidente del Consiglio», ha detto ieri il vice presidente del Consiglio che pure lo aveva proposto – aggiungendo anche che «i rom italiani purtroppo ce li dobbiamo tenere». La «spiegazione» è stata in realtà un confronto per intendersi sulla dichiarazione di palazzo Chigi, arrivata al termine di un’altra giornata dominata dall’«agenda rom», dettata da Salvini. «Qui nessuno ha in mente di fare schedature o censimenti su base etnica, che sarebbero peraltro incostituzionali», esordisce Giuseppe Conte con la sua prima nota ufficiale, subito sulla difensiva. Al presidente del Consiglio tocca spiegare che «il nostro obiettivo è individuare e contrastare tutte le situazioni di illegalità e di degrado ovunque si verifichino». Cominciando però dai campi rom, perché trova buona l’idea di controllare se i bambini vanno a scuola: «Bene vengano iniziative mirate a verificare l’accesso dei bambini ai servizi scolastici». Sembra una smentita, ma è l’apoteosi della linea Salvini e del suo cinico paternalismo.

Il ministro dell’interno più sciovinista è senza confini in fatto di propaganda. Andato a letto lunedì con una mezza retromarcia, si risvegliato con una rivendicazione piena: «Io non mollo e vado dritto, prima gli italiani e la loro sicurezza». Poi racconta così il colloquio con Conte, messo su da Di Maio e dal malumore del M5S (provocato più dai sondaggi che dai princìpi): «Gli ho spiegato che il censimento dei rom possiamo anche chiamarlo controllo o verifica, anche Giovanni se volete. Siamo d’accordo». Di Maio ripete che «i censimenti su base razziale non si possono fare, Salvini ha corretto» e i grillini insistono sul fatto che le schedature non sono nel «contratto» (mancherebbe; c’è però un richiamo discriminatorio verso i rom). Salvini replica spavaldo: «Lo so che non c’è nel contratto, ma il rispetto del codice civile e del codice penale è più importante». Altro che retromarcia.

Anche perché quel che importa è dettare l’agenda, guidare il paese da twitter. Di Maio su questo è al rimorchio. «Con Salvini siamo compattissimi, la musica sull’immigrazione è cambiata. È bastato dire qualche no ai tavoli europei e adesso arriveranno tanti sì». Arrivano per il momento dichiarazioni di condanna. La nuova commissaria ai diritti umani della Ue Dunja Mijatovic definisce «inquietanti» le farsi del ministro italiano, e parla di «retorica provocatoria che eguaglia gruppi di persone ai criminali e li disumanizza». Il commissario agli affari economici Moscovici si fa capire dicendo di voler «resistere dal commentare questa o quell’altra dichiarazione scioccante o raggelante». Mentre il portavoce della Commissione Ue rifiuta commenti diretti, ma non ha escluso che Bruxelles possa prendere contatti con Roma per chiarire che «espulsioni su base etnica sono illegali, è super chiaro».

Salvini può, al momento, scavalcare i confini della legge solo con la propaganda. Ed è per questo che in serata si diverte a dire che «questa del censimento nei campi rom non è una priorità, quella è la sicurezza, i migranti». Qualcuno deve avergli nel frattempo raccontato cosa è accaduto al suo predecessore leghista al Viminale, Maroni, il cui «censimento» del 2009 Salvini aveva indicato come modello. Dopo la bocciatura anche in Cassazione del decreto sull’«emergenza nomadi», il ministero dell’interno è stato condannato nel 2013 a risarcire con ottomila euro più le spese un cittadino italiano di origine rom – che era stato fotosegnalato nel campo di Roma Casilino 900. La sentenza fu pubblicata sul Corriere della Sera, parlava di «discriminazione» e «distinzione basata sulla provenienza etnica» e ordinava al Viminale di distruggere quei dati che adesso Salvini vorrebbe tornare a raccogliere. Elviz Salkanovic, questo il nome del cittadino al quale il tribunale di Roma riconobbe la violazione della dignità, fu assistito nella causa dall’associazione 21 luglio, dall’Asgi e da quella Open Society fundation di George Soros che appena la settimana scorsa in parlamento il ministro dell’interno ha accusato di ogni nefandezza.

Nella sostanza Salvini non ha fatto alcuna correzione di rotta, né ha mutato stile nella conduzione ufficiosa di palazzo Chigi dal Viminale. Ieri ha ricevuto il ministro dei Paesi bassi, oggi vedrà a Vienna il falco Kickl. Ha già annunciato di avere pronta la proposta italiana di riforma del trattato di Dublino. In questo caso Conte non ha fatto alcuna nota per ricordare che al Consiglio europeo del 28 dovrebbe andarci lui.