«No, non penso proprio che dal Quirinale arriverà uno stop». Come al solito Matteo Salvini si mostra sicuro. Il decreto immigrazione e sicurezza che porta il suo nome non è ancora arrivato al Colle ma il titolare degli Interni si dice convinto che il provvedimento riuscirà a superare l’esame di Mattarella. O almeno finge di esserlo.
Che le cose stiano veramente come dice Salvini, è tutto da vedere. Già nei giorni scorsi, quando giravano le prime bozze del decreto, i tecnici del Quirinale hanno sottolineato in rosso alcune misure sulle quali sarebbe stato impossibile avere il consenso del presidente. Come, ad esempio la possibilità di espellere dall’Italia un richiedente asilo solo sulla base di una denuncia. La misura è stata «limata», per usare un’espressione utilizzata dal premier Conte, ma molte di quelle ancora presenti nel decreto sono fortemente a rischio di incostituzionalità. Una per tutte: la possibile revoca della cittadinanza, seppure in caso di condanna definitiva per reati legati al terrorismo.

In attesa del pronunciamento del Colle – l’arrivo del decreto sicurezza è subordinato al via libera al decreto su Genova -, Salvini incassa intanto un mezzo sì da parte dell’Unione europea. Cosa che sorprende, ma solo fino a un certo punto. Da molti tempo infatti Bruxelles spinge perché gli stati membri aumentino il numero dei rimpatri e, soprattutto, per l’estensione del periodo in cui è possibile detenere un migrante in attesa che venga identificato (come previsto del resto da una direttiva Ue del 2008). Punti che trovano puntuale risposta nel decreto varato lunedì dall’esecutivo giallo verde e che per questo ieri è stato giudicato «non negativo» dalla Commissione europea anche se per un giudizio definitivo si aspetta che il decreto passi l’esame del parlamento. Un gesto distensivo dopo gli scontri delle scorse settimane che ovviamente non è sfuggito al titolare del Viminale: Una volta tanto Bruxelles invece di dire no con pregiudizio, ha letto e capito che si tratta di maggiore sicurezza. Sono contento che chi lo ha letto lo ha condiviso», è stato il commento di Salvini.

Decisamente meno entusiasmo arriva dai sindaci italiani, preoccupati per le possibili conseguenze di alcune delle misure contenute nel decreto. Come la prevista limitazione dell’accesso al sistema Sprar ai soli titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati: «Fosse per noi daremmo le chiavi degli Sprar a Palazzo Chigi domani, ma no si può tornare tre anni fa», ha detto l presidente dell’Anci e primo cittadino di bari Antonio Decaro. La paura è di non poter più contare sul processo di accoglienza diffusa che finora ha permesso di non sovraccaricare i comuni di un numero eccessivo di migranti.