Indifferenza totale. Tra i palestinesi a Gerusalemme Est e quelli nel resto dei Territori occupati il risultato delle elezioni israeliane non è un argomento di discussione. «Netanyahu o Gantz, per noi sono uguali», «Destra o sinistra, per i palestinesi non cambia nulla». Sono questi i commenti più frequenti della gente, a Ramallah come a Gaza. Noncuranza comprensibile. In 52 anni di occupazione israeliana ne hanno viste di tutti i colori, con al potere governi israeliani di ogni orientamento: offensive militari, colonizzazione, i falliti accordi di Oslo, l’impotenza dell’Autorità nazionale palestinese e Donald Trump che regala tutta Gerusalemme e il Golan siriano a Israele. E la scorsa settimana Benyamin Netanyahu, riconfermato al potere dal voto di martedì, ha annunciato che un punto centrale del futuro governo sarà l’estensione della sovranità israeliana alle colonie ebraiche in Cisgiordania, quelle riunite in blocchi omogenei e quelle isolate. Pensa di annettere a Israele il 60-70% del territorio palestinese, sicuro che Trump lo riconoscerà come parte dello Stato ebraico.

«E fa bene a pensarlo» ci dice l’analista Ghassan al Khatib «perché dell’annessione di gran parte della Cisgiordania a Israele Netanyahu e Trump hanno sicuramente discusso più di una volta». Secondo al Khatib il piano americano per il Medio oriente, l’“Accordo del secolo”, che l’Amministrazione Usa dovrebbe annunciare questo mese, «probabilmente sarà rinviato ancora una volta». Il motivo, aggiunge l’analista, «non è certo il rifiuto palestinese. Anche Netanyahu non lo vuole. È molto favorevole a Israele e contro le aspirazioni dei palestinesi, eppure potrebbe risultare indigesto ai partiti estremisti che formeranno la prossima maggioranza di destra in Israele». A Netanyahu, conclude al Khatib, «le cose stanno bene così, senza il piano Usa, con Trump che lo segue a ruota, lui fa e la Casa Bianca approva». Simile è l’analisi dell’esperta di politica americana in Medio oriente, Michelle Dunne che, intervistata dalla Cnn, ha spiegato che «i leader arabi alleati di Washington e favorevoli a cooperare con Israele pensano che il piano contenga condizioni (contro i palestinesi) che loro non possono appoggiare perché inaccettabili per le loro popolazioni».

Il progetto Usa che il genero di Trump e inviato Usa in Medio oriente, Jared Kushner, di recente ha informalmente illustrato nelle capitali mediorientali, esclude il diritto dei palestinesi all’indipendenza, isola Gaza e insiste sulla integrazione di milioni di profughi palestinesi del 1948 e del 1967 nei paesi dove sono ospitati da decenni: Libano, Siria e Giordania. Una possibilità che soprattutto Beirut respinge categoricamente, che il re giordano Abdallah legge come un pericolo per stabilità del suo regno e che persino l’Arabia saudita stretta alleata di Israele contro l’Iran ha difficoltà a sostenere. «In ogni caso noi respingeremo il tentativo di Netanyahu e Trump di negarci la libertà e l’indipendenza», promette il ministro degli esteri palestinese Riad al Malki.