Per l’ennesima volta ripete di avere la coscienza a posto. Poi, di seguito, promette che il governo non si piegherà agli scafisti e alla «visione ideologica di un mondo senza confini» e ricorda come il naufragio di domenica scorsa sia avvenuto in un’area Sar che è di responsabilità della Libia.
Se la migliore difesa è l’attacco, ieri Giorgia Meloni è proprio questo che ha fatto. Non che ci sia aspettasse qualcosa di diverso, sia chiaro. Dal 26 febbraio scorso, giorno della naufragio di Cutro costato la vita a 86 migranti, a oggi, passando per i 30 morti annegati davanti la Libia, la linea del governo è sempre stata quella di autoassolversi da qualsiasi responsabilità. E lo ha sempre fatto attaccando chiunque lo criticasse.

UN COPIONE rispettato anche ieri alla Camera dove la premier, chiamata a rispondere al question time, accusa le opposizioni di calunniare l’Italia per fini politici. «Quello che scredita l’Italia – è la replica della segretaria del Pd Elly Schlein – è avere un governo che non presenzia e sta in silenzio per giorni su una strage come quella che c’è stata. La domanda è: perché non è intervenuta la Guardia costiera? Noi non ci fermeremo finché non avremo risposta a questa semplice domanda». Altrettanto dura la replica di Riccardo Magi: «Proprio perché noi non abbiamo mai voluto calunniare i servitori dello Stato – dice il deputato segretario di +Europa -, dobbiamo ricordare che a quelle latitudine uomini della Guardia costiera e dalla Marina Militare hanno effettuato salvataggi. La domanda è: cosa è cambiato? Non nell’onore e nelle capacità degli uomini che servono lo Stato ma nell’indirizzo politico che viene dato».

PROPRIO replicando a Magi, che aveva chiesto spiegazioni sul mancato intervento italiano nel naufragio libico, Meloni cita la relazione del capo della Guardia costiera Gianluca D’Agostino, assicurando che «tutte le norme sono state applicate». In particolare, il naufragio è avvenuto «in area Sar di responsabilità della Libia» e l’Italia è intervenuta «su esplicita richiesta» delle autorità libiche, ma «le nostre unità Sar non potevano partire perché non avevano autonomia sufficiente per andare e tornare in sicurezza e le altre sarebbero sopraggiunte in 20 ore di navigazione ma erano impegnate in altri soccorsi». Per questo sono state attivate navi mercantili. Dunque «la nostra coscienza è a posto, spero che chi attacca il governo e non dice una parola sulla mafia degli scafisti possa dire lo stesso».

NESSUN CAMBIO DI MARCIA, quindi, nessuna intenzione di cambiare la linea di fermezza adottata finora. Le parole della premier riecheggiano anzi gli slogan già sentiti nella passata campagna elettorale. «Non intendiamo più rimanere sotto il ricatto di scafisti senza scrupoli che usano i migranti come scudi umani per i propri traffici – dice – e non intendiamo più far decidere a questi criminali chi può arrivare in Italia e chi no».

Dimenticando quanto accaduto negli anni scorsi, quando dai banchi dell’opposizione criticava il governo di turno per il numero degli sbarchi, oggi che nei primi tre mesi gli arrivi sono triplicati rispetto allo stesso periodo del 2022 (quando a palazzo Chigi c’era Mario Draghi) la premier parla di «pressione migratoria che ha pochi precedenti». «Le cause – prosegue – le conosciamo_ instabilità politica, crisi economiche che sono aggravate dal conflitto internazionale e, non da ultimo, interessi di potenti organizzazioni criminali e trafficanti che spesso sono dotati di proiezioni internazionali».

Infine le iniziative a livello internazionale in vista del consiglio europeo del 23 marzo e a partire dalla Tunisia, diventata ormai il principale punto di partenza dei migranti: «Già dalle prossime settimane chiederemo risposte immediate di sostegno a favore degli Stati del Nord Africa. Tunisia in testa perché la Tunisia sta vivendo una crisi profonda con conseguenze che possono essere molto preoccupanti per l’Italia e non solo».