L’attivista Olga Lafazani è una geografa sociale ed è una delle coordinatrice del City Plaza Hotel di Atene. L’hotel è stato occupato nell’aprile 2016 da diversi gruppi della sinistra radicale, come diktio e Antarsya. Oggi ospita circa 400 persone, per lo più afghani e siriani, e si trova nel quartiere di Victoria, zona contesa con i fascisti di Alba Dorata. Il 13 marzo ad Atene è stato sgomberato lo squat di via Alkiviadou che, da circa un mese, era diventata la casa di circa 120 rifugiati e il centro sociale Villa Zografou.

Gli attivisti del City Plaza accusano il governo di Syriza di aver voltato le spalle ai movimenti solidali con i rifugiati. E il City Plaza, che fa parte della rete di Blockupy, ha lanciato la mobilitazione del 18 marzo contro l’accordo tra Turchia e Unione Europea e contro il regime delle frontiere, altra faccia della gestione neoliberale della crisi. Secondo gli attivisti, la fortezza Europa filtra e gerarchizza forza lavoro precario e distrae le popolazioni da quell’enorme sottrazione di reddito che si chiama austerità. In Italia ci sarà una piazza a Bologna sabato e una a Venezia domenica, in dialogo con il corteo romano del 25 marzo per un’Europa sociale.

In Grecia più di 60 mila persone sono bloccate. C’è una ragione politica nel cattivo utilizzo da parte della Grecia del denaro che riceve dalla Ue?

Non è una questione di risorse o fondi ma una strategia. Tsipras vuole dire alla Ue che non può gestire la questione rifugiati, per farla pesare nei negoziati politici ed economici sul debito. Dopo l’accordo con la Turchia le politiche sull’immigrazione sono diventate molto dure. Syriza ha dimenticato i diritti umani. Ha aperto hot spot e lasciato i campi statali per controllare e gestire la popolazione. Invece di includere le persone le ha escluse spazialmente e socialmente. Ma l’esito è negativo sia per la gente intrappolata nelle isole, che per la popolazione locale. Il governo si sarebbe dovuto coalizzare con altri governi e fare pressione per aprire le frontiere.

Però il movimento legato a Syriza, Solidarity4All, ha lavorato nell’accoglienza e il governo Tsipras ha subito cancellato l’operazione Xenios Zeus, promesso una radicale svolta rispetto ai campi di detenzione governativi e fatto passare la legge sulla cittadinanza per i figli dei migranti.

La premessa preelettorale era molto radicale in merito ai migranti. Fino all’estate 2015 le politiche di Syriza, non solo sui rifugiati, sono state piuttosto di sinistra. Provava a tenere un equilibrio tra frontiere aperte e accoglienza. Hanno portato le navi nelle isole per favorire il movimento delle persone. Hanno istituito l’Eleonas Camp vicino al centro della città che era un campo aperto. E, inizialmente, hanno rilasciato molte persone ma, nonostante le promesse, il terribile campo di detenzione di Amygdaleza non è mai stato chiuso. C’è un modello sbagliato di vittimizzazione per cui i migranti sono persone bisognose di aiuto, stipati nelle tende in condizioni vergognose. Ma strutture diverse potrebbero non avere bisogno di forza lavoro o comunque ridurre i salari alle sole attività di coordinamento. Un governo di sinistra dovrebbe favorire l’autorganizzazione invece di escludere le persone. Così si libererebbe un grande potenziale, si favorirebbero le relazioni sociali e il clima quotidiano. Nei campi d’accoglienza statali, la razione di cibo giornaliera per una persona costa tra i 6 e gli 8 euro. E sono piccole porzioni dl cibo spesso immangiabile. Qui al City Plaza il costo di tre pasti al giorno per persona è inferiore a 1 euro. E la gente cucina per sé, pulisce i piatti, custodisce il palazzo, fa piccole riparazioni, bada alla pulizia degli spazi comuni e delle stanze. Questo discorso riguarda l’economia del campo ma potrebbe funzionare anche per regolare l’economia del paese.