«Non vedo ragioni per aprire la procedura d’infrazione contro l’Italia»: da Vienna, al termine del colloquio con il presidente austriaco Van der Bellen, il presidente Sergio Mattarella si espone apertamente in difesa dell’Italia. Il capo dello Stato giustifica l’affermazione conti alla mano: «Il disavanzo è passato dal 2,4% al 2,1%, l’avanzo primario dall’1,4% all’1,6%. Sono dati di trend positivi. Vi è una condizione di base dell’economia italiana di grande solidità». Le stesse cose Mattarella le aveva appena dette anche al presidente austriaco, pur aggiungendo che «i conti vanno tenuti sotto controllo».

SUL FATTO CHE il presidente della Repubblica italiana faccia scudo al suo Paese minacciato di commissariamento non c’è nulla di strano in sé. E’ lo stile abitualmente laconico dell’uomo a rendere inusuale, e dunque tanto più significativa, una «discesa in campo» così esplicita. L’inquilino del Quirinale, come tutti sul Colle, si è convinto che per il momento la procedura non scatterà, ed è una convinzione che deriva dall’aver seguito la trattativa condotta in questi giorni da Giuseppe Conte e Giovanni Tria. Esce allo scoperto, spendendo la propria autorevolezza a garanzia dei conti italiani, per chiarire che nella partita in corso il Colle non è e non sarà non solo uno spettatore e, così facendo, acquistare ulteriore peso in vista della mano decisiva e più difficile, quella che si giocherà sulla legge di bilancio. Del resto, anche se, ormai davvero a sorpresa, nella commissione dovessero prevalere i falchi, un’uscita tanto esplicita metterebbe il presidente in una posizione di forza per incidere sul prosieguo della vicenda.

Il verdetto della commissione, in realtà, non è ancora certo. Era previsto per oggi, ma la riunione a Strasburgo è slittata in seguito allo stallo sulle nomine a Bruxelles. Potrebbe svolgersi domani, ma solo se oggi si sbloccheranno le nomine. Ieri mattina, comunque, il commissario al Bilancio, il tedesco Günther Oettinger, non era affatto rassicurante: «E’ importante vedere se gli italiani sapranno soddisfare le richieste della commissione sul bilancio 2020, sui versanti delle entrate e delle spese. Se non lo faranno non ci sarà spazio per evitare la procedura. Il governo di Roma deve pensarci tre volte prima di deludere le attese della Ue».

OETTINGER È UN FALCO, ma tutt’altro che isolato. Due giorni fa il premier olandese Rutte aveva martellato sullo stesso tasto e in generale i Paesi del nord sarebbero decisamente più propensi a procedere contro l’Italia. Che riescano a imporre l’avvio immediato della procedura nonostante le pressioni in senso contrario della Bce e dei principali governi è poco probabile. La loro spinta potrebbe però condizionare la formula con la quale la commissione connoterà il rinvio. E’ infatti evidente che, ove venisse affermato chiaramente che la procedura scatterebbe già in ottobre se Bruxelles non apprezzasse il testo della legge di bilancio, la tensione resterebbe altissima e il rinvio apparirebbe più di facciata che di sostanza.

IERI POMERIGGIO il consiglio dei ministri ha approvato praticamente senza discussione la legge di assestamento di bilancio che porta dal 2,4% al 2,1% il deficit. Come previsto già da alcuni giorni, i miliardi che Tria ha dovuto mettere insieme recuperandoli un po’ ovunque sono due in più del previsto: nove, quanti ne chiedeva Bruxelles. Quattro saranno messi sul tavolo subito, sommando i due miliardi congelati con la legge di bilancio scorsa (il che qualche taglio lo impone), il miliardo e passa che sarà versato dalla multinazionale del lusso di cui fa parte anche Gucci e i 950 milioni messi a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti e da Bankitalia. Gli altri cinque arriveranno a fine anno, con i risparmi su Quota 100 e Reddito di cittadinanza e con gli introiti della fatturazione elettronica.

Le aride cifre preparate dalla Ragioneria dello Stato dovrebbero essere illustrate nel dettaglio in una relazione al Parlamento. La nota dolente è che con questa operazione di reperimento fondi il governo ha davvero rotto l’ultimo salvadanaio. Trovare le coperture per una manovra nella quale Salvini ha ripetuto ieri che non dovranno esserci tagli se non alle tasse sarà un’impresa davvero ardua.