Una revisione dei tempi di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione e una riforma della cittadinanza. Lo scandalo del centro di accoglienza di Lampedusa e la protesta estrema di alcuni immigrati nel Cie romano di Ponte Galeria spingono il governo ad accelerare i tempi nel mettere mano alle leggi sull’immigrazione. «Non ho dubbi che la discussione su alcuni aspetti della Bossi-Fini sarà uno dei temi di gennaio», ha detto ieri il premier Enrico Letta alla conferenza stampa di fine anno nella quale ha anche annunciato di voler stringere i tempi anche su un altro tema caldo come l’introduzione dello jus soli. Annuncio che arriva mentre proprio a Ponte Galeria cresce la protesta degli immigrati che si sono cuciti la bocca e una donna avrebbe anche tentato il suicidio, mentre a Bari una trentina di persone, provenienti da Afghanistan, Iran e Pachistan, bloccano il traffico chiedendo il riconoscimento del diritto di asilo.
Del resto è proprio il timore di nuovi e sempre più eclatanti gesti di protesta che ha convinto il governo della necessità di non perdere ulteriormente tempo nel rivedere le norme che riguardano prima di tutto i Cie.

L’obiettivo, per il momento, è ridurre il tempo che oggi un immigrato è costretto a passare nella struttura prima di essere identificato: dai 18 mesi attuali a un massimo di due. Un periodo trascorso spesso in condizioni disumane e in scarse condizioni igieniche per il solo fatto di essere stato fermato senza documenti. Ma il governo spinge anche perché venga attuata la norma già prevista nel pacchetto giustizia presentato la scorsa settimana dal ministro Cancellieri e che prevede la possibilità di identificare un immigrato che si reso colpevole di un reato, durante la sua permanenza in carcere. Si tratta di una vecchia direttiva emessa nel 2007 dagli allora ministri Amato e Mastella ma rimasta finora inapplicata soprattutto per la scarsa collaborazione dimostrata dai consolati dei presunti paesi di origine degli immigrati. E che invece potrebbe essere determinante per allentare la pressione nei Cie, visto che una grossa fetta degli immigrati che oggi vi sono rinchiusi (a Ponte Galeria ad esempio supera il 30%, ma in altri Cie è anche più alta), è composta da persone che arrivano direttamente dal carcere.

Che fosse ora di mettere mano ai Cie, una delle esperienze più vergognose per quanto riguarda la gestione degli immigrati in Italia, sembra ormai essere finalmente chiaro a tutti. «Un modello superato e inutile che produce sofferenza e disagi», ha detto due giorni fa il sottosegretario agli interno Filippo Bubbico. Inutile, ma anche fallimentare se si considera che secondo le stime più ottimistiche solo il 40% degli immigrati che vi sono detenuti vengono effettivamente rimpatriati dopo essere stati identificati. Tutti gli altri, scontata la «pena» di 18 mesi, vengono rilasciati con un foglio di via che nella maggior parte dei casi non viene rispettato.

Dopo mesi di promesse mai mantenute, fatte soprattutto dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre scorso, il governo decide adesso di intervenire, spronato anche dall’attivismo dimostrato in materia da Matteo Renzi che ha fatto dei temi sociali, immigrazione compresa, uno dei punti forti dei suoi primi giorni da segretario del Pd. Al punto da innervosire il Ncd, come dimostrano le affermazioni fatte ieri da Maurizio Lupi: «Per quanto riguarda le proposte che Renzi ha fatto in tema di immigrazione – ha detto il ministro delle Infrastrutture – il Pd porterà a Letta le sue proposte e altrettanto il centrodestra, poi il presidente del consiglio farà la sue considerazioni. Perché ricordo a Renzi che quello non è il governo del Pd, ma è il governo del Pd e del Ncd».

A Ponte Galeria intanto è aumentato il numero di immigrati che si sono cuciti le labbra in segno di protesta e dai quattro iniziali ora sarebbero diventati addirittura 14 o 15. A renderlo noto con un tweet è stato Kalid Chaouki, il deputato Pd che si chiuso volontariamente nel centro di accoglienza di Lampedusa, ribando anche come almeno altri 60 migranti stiano praticando lo sciopero della fame. Mentre il senatore Luigi manconi, presidente della commissione diritti umani del Senato, ha reso noto che due degli autori della protesta sono stati espulsi. «Un gravissimo errore», ha detto Manconi. «La forma di lotta adottata è certamente crudele e pericolosa per chi la pratica, ma totalmente pacifica e non violenta».

e condizioni di Ponte Galeria, e dei Cie in generale, sono state infine oggetto di una lettera inviata da Gianni Cuperlo al presidente del consiglio Enrico Letta: «La condizione disumana della permanenza di queste strutture – ha scritto il presidente del Pd – impone di accelerare i tempi per una soluzione definitiva del problema».