Il Recovery Plan arriverà a settembre, con la Nota di aggiustamento al Def, e sarà «molto ambizioso». Parola del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che indica anche i due assi portanti: «Un grande patto tra privato e pubblico», aumentando gli investimenti dello Stato ma senza limitarsi alla quantità per mettere a fuoco anche la qualità degli interventi, e dialogo con l’opposizione, alle cui proposte bisogna «essere attenti».

GLI STATI GENERALI dell’economia annunciati da Giuseppe Conte, invece, si terranno subito, la settimana prossima. Si svolgeranno a palazzo Chigi probabilmente, salvo spostamento a villa Pamphili, e dovrebbero prolungarsi per l’intera settimana. Ci saranno tutte le sigle delle associazioni che compongono la galassia economico-sociale più invitati speciali e ospiti d’onore ancora da definirsi. Se Conte ha già in mente l’elenco non lo ha ancora comunicato. Per il momento si è limitato a mettere una fretta indemoniata alla task force guidata da Vittorio Colao. L’ordine di scuderia è arrivato contestualmente alla conferenza stampa di mercoledì: «Chiudere! La relazione deve essere pronta in un paio di giorni». Perché il governo deve presentarsi all’assembleona della settimana prossima con un suo progetto e quello di Colao è il solo che possa essere squadernato. Anche se, mettono le mani avanti dai piani alti del governo, «sarà solo uno spunto di riflessione».

NON SI PUÒ DIRE che il piano annunciato dal presidente del consiglio in conferenza stampa abbia destato soverchi entusiasmi, tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione, sia sul versante della proposta degli Stati generali che su quella di un dialogo politico con la destra. «Così come sono stati pensati, questi Stati generali saranno solo un convegno privo di qualsiasi efficacia e il tempo stringe. A quest’ora un’idea di Recovery Plan dovrebbe essere già pronta, altro che aspettare settembre», rumoreggiano nel Pd. A Conte, proseguono le voci critiche, manca una bussola politica, un indirizzo: proprio quel che gli ha rimproverato pochi giorni fa il padre fondatore del governo, Goffredo Bettini. Il capogruppo dem a Montecitorio, Graziano Delrio, è quasi esplicito nelle sue perplessità: «Ben vengano le consultazioni ma attardarsi nell’elenco delle intenzioni non sarebbe perdonato. Bisogna impostare una politica nuova sulla base della sostenibilità sociale e ambientale».

ANCHE L’APERTURA del premier, formalmente all’intera opposizione ma in realtà essenzialmente a Forza Italia essendo il rifiuto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni prevedibile, non trova grandi sponde. Pierluigi Bersani, uomo solitamente poco portato ai toni truculenti, già martedì sera, ospite di Bianca Berlinguer, si era lanciato in una dichiarazione certo non fatta per allentare le tensioni: «Col centrodestra al governo i cimiteri non sarebbero bastati». I 5 Stelle si sa con quanto entusiasmo accolgano qualsiasi barlume di dialogo ma la stessa Fi si muove con i piedi di piombo. «Noi vogliamo davvero essere responsabili, anche perché un eventuale disastro economico in autunno si abbatterebbe su tutti. Ma stavolta deve esserci una vera volontà collaborativa. Se si ricomincia col dire no a tutte le nostre proposte c’è poco da fare», dichiara la presidente dei senatori Annamaria Bernini.

NEL PD IL SEGRETARIO Nicola Zingaretti è lanciatissimo nel sostenere la collaborazione invocata da Sergio Mattarella, altre voci sono molto più tiepide. Lo slittamento di Conte verso le posizioni renziane, evidente non solo nell’ultimo dibattito in parlamento ma anche nella stessa conferenza stampa di mercoledì, è evidente e non è affatto chiaro se un dialogo non solo di facciata con il partito azzurro smorzerebbe o accentuerebbe il peso specifico di Matteo Renzi.

Un primo momento della verità arriverà con la sofferta scelta sul Mes. Ieri l’annuncio del direttore finanziario del Meccanismo europeo di stabilità, Kalin Anev Janse, che il prestito sarebbe non solo a tasso zero ma addirittura a tasso negativo, si dovrà cioè restituire meno di quanto si è preso, ha offerto un’arma potente ai sostenitori del prestito, tutta la maggioranza tranne i pentastellati e, appunto, Forza Italia. Sulla base di quanto affermato mercoledì, per Giuseppe Conte l’annuncio di Janse dovrebbe essere risolutivo. Ma la resistenza del Movimento 5 Stelle non è ancora piegata e la scelta finale sarà il primo momento della verità per una maggioranza e un governo lontanissimi dall’unità di intenti che sbandierano.