Non c’è da tenersi troppo forte. O forse solo un po’. Il rock dei Litfiba è diventato saggio. Come un fiume tutto sommato percorribile, per non dire calmo e tranquillo, giusto con qualche rapida a sballottarne il corso. Che accoglie materno nel suo alveo emissari e affluenti. Del resto Ghigo Renzulli ha superato i sessanta e Piero Pelù sta per diventare nonno. Giusto così. Insieme guidano la locomotiva a vapore che, come da copertina, è la fabbrica creativa vecchio stile, pistoni sudore grasso, di Eutòpia, il nuovo album da qualche giorno nei «migliori negozi di dischi», distribuito da Sony Music Italy in cd e in vinile, dieci tracce a quattro mani e a quattro anni di distanza da Grande Nazione.

«Non c’è bisogno di essere trumpizzati né di essere volgari per vincere e raggiungere gli obiettivi – esordisce filosoficamente sulle elezioni americane – siamo persone mature, non abbiamo smanie particolari se non quella di continuare a suonare e di divertirci. Non ci interessano le classifiche, i sold out e tanto meno di fare giochi strani, come sta accadendo, con la vendita dei biglietti». Riemerge, seduti uno accanto all’altro, il tempo si è fermato, in una chiesetta sconsacrata dell’Oltrarno fiorentino («qui resiste Firenze, una città che superato il Ponte Vecchio si chiama Florence») la felicità di essersi ritrovati: «Il distacco era necessario per maturare» convengono entrambi. Ma i 10 anni di lontananza non cancellano i 36 di conoscenza. «La reunion ha significato poter progettare un nuovo futuro artistico senza ansie, consapevoli che possiamo permetterci di fare le nostre scelte in assoluta autonomia, senza essere condizionati da alcun fattore eterno, ci sentiamo un vero gruppo rock indipendente e il piacere di suonare insieme è lo stesso di una volta, come se non avessimo mai smesso». Fra sintonia, solidarietà, gioco di squadra e fiducia reciproca è nato Utòpia: «Un anno di lavoro, tre studi di registrazione, molti pezzi scartati, ma chissà ci serviranno la prossima volta, un disco con pochissime sovraincisioni, con molti tastieristi e un gioco di polifonie come mai era accaduto prima d’ora».

Che resta allora dei Litfiba? «Il nostro marchio di fabbrica è chiaro. Eutòpia racchiude tutte le energie dispensate dai Litfiba a partire dagli anni 80 fino alla reunion e oltre. È un disco che sintetizza la nostra storia e mescola le nostre esperienze, anche individuali, non ci siamo dati dei limiti. È la somma dei tanti suoni che ci appartengono. Un disco nato completamente nudo che però non è diventato sconcio, un disco adamantino, sincero, senza trucchi, musicalmente non offeso da accordi troppo potenti che potessero nasconderne la melodia e l’armonia».

Ma è anche un album con un preciso impegno civile? «Eutòpia del titolo è l’utopia buona, l’isola che c’è e si può raggiungere, non è un luogo immaginario, è l’insieme concreto di tutte le democrazie oggi nel mondo in difesa delle quali dobbiamo batterci, dal Nord Europa all’Uruguay. Tutto è possibile, basta avere il coraggio di portare avanti le proprie idee con coerenza, amore per la vita e per il rock». I titoli confermano decisamente il trend: Dio del tuono, Maria coraggio, Santi di periferia, In nome di Dio (dedicato alle vittime del Bataclan), Straniero, Intossicato, una ballata contro ogni inceneritore che avvelena l’ambiente. Dopo la promozione, il vero tour dei Litfiba partirà da Padova nel 2017, il 29 marzo, per toccare due giorni dopo Milano e ad aprile Roma (5) e Firenze (7).